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Giovedì, 28 Marzo 2024
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La Wind vince la battaglia in tribunale, via libera alle nuove 'antenne'

Il Tar accoglie il ricorso dell'azienda contro il Comune di Cellole per l'impianto sulla torre dell'acquedotto

La società di telecomunicazioni Wind potrà installare un micro impianto sulla torre dell’acquedotto di Baia Domizia perché il ‘no’ imposto dal Comune di Cellole alla costruzione della struttura in via degli Oleandri si basa su un “provvedimento viziato”. A stabilirlo sono stati i giudici della settima sezione del Tar della Campania (presidente Rosalia Maria Rita Messina), che hanno accolto il ricorso del colosso della telecomunicazione.

Una vicenda nata nel 2015, quando la Wind ottiene il parere positivo dell’Arpac per l’installazione di un micro impianto per la copertura del segnale telefonico. La società presenta quindi comunicazione al Comune, che però si esprime negativamente perché ““l’area oggetto di intervento ricade in area vincolata ma non regolamentata da un piano paesaggistico” e che la “zona è assoggettata al regime di inedificabilità assolta ai sensi dell’art. 1 quinquies della L. 431/85”.

torre acquedotto-2

Una bocciatura impugnata dalla Wind, che porta il caso al Tar della Campania, dove il Comune si costituisce in giudizio per difendere la propria posizione. I giudici mettono nero su bianco che l’Ente “ha omesso di svolgere la benché minima valutazione in ordine alle caratteristiche dell’intervento e alla compatibilità o meno, sul piano paesaggistico, dell’opera che si intende realizzare. Non si rinviene alcun riferimento alla necessità o meno dell’autorizzazione paesaggistica della competente Soprintendenza statale, esclusa unicamente in corso di giudizio, con affermazione peraltro generica, dalla difesa della civica amministrazione. Né il provvedimento gravato contempla il richiamo al Regolamento comunale, anch’esso menzionato unicamente negli scritti difensivi dell’ente resistente, tanto da non poter rilevare nel giudizio se non quale inammissibile tentativo di integrazione postuma della motivazione”.

In definitiva, secondo i giudici del Tar, “il provvedimento impugnato risulta viziato, essendosi limitata la stessa amministrazione a ritenere l’intervento oggetto di SCIA “inammissibile” con il regime di tutela, il che disvela l’utilizzo di una formulazione apodittica e dunque in assenza di adeguata motivazione in capo al provvedimento stesso”. Il Tribunale amministrativo ha quindi condannato il Comune di Cellole al pagamento delle spese di giudizio per 2500 euro e all’annullamento del provvedimento con il quale si bloccava l’installazione dell’impianto.

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