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Rifiuti radioattivi nel casertano: "Siti poco sicuri"

Il report di Legambiente in vista del decimo anniversario dall'incidente di Fukushima

I rifiuti radioattivi italiani (31mila metri cubi a dicembre 2019) sono attualmente conservati in 24 impianti distribuiti su 16 siti in 8 regioni. Siti non idonei e che presentano più di qualche criticità. È quanto emerge dal report "Rifiuti radioattivi ieri, oggi e domani: un problema collettivo", lanciato da Legambiente in vista del decimo anniversario dall'incidente di Fukushima.

Tra gli impianti che detengono rifiuti, combustibile esaurito, sorgenti dismesse e materiali nucleari, ci sono ad esempio l'ex centrale nucleare di Borgo Sabotino a Latina, posta a meno di un chilometro dall'attuale linea di costa, o le ex centrali del Garigliano e di Caorso, rispettivamente a Sessa Aurunca e a Piacenza, entrambe poste in aree ad elevato rischio idrogeologico in quanto costruite a ridosso di due importanti fiumi come il Garigliano ed il Po.

Analogo discorso vale per Saluggia, nel vercellese, dove in un punto a ridosso della Dora Baltea e a soli tre chilometri dalla confluenza con il Po, sono collocati ben tre impianti diversi (Eurex, LivaNova ed il deposito Avogadro), che hanno spesso corso il rischio di essere alluvionati e dove sono stoccati i rifiuti con la carica radioattiva più elevata (circa il 70% del totale presente in Italia).

Non va meglio nel deposito di Rotondella (Mt) in Basilicata o di Statte (Ta) in Puglia, dove nel primo caso è stata accertata una grave ed illecita attività di scarico a mare dell'acqua contaminata, che non veniva in alcun modo trattata, e nell'altro i rifiuti attualmente gestiti si trovano in una situazione "seriamente preoccupante" a causa del "diffuso deterioramento della struttura".

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