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Sfratto dalla piscina, l’Assonuoto perde il ricorso al Consiglio di Stato

I giudici respingono il ricorso che era stato già bocciato dal Tar

Sfratto dalla piscina, l’Assonuoto perde il ricorso al Consiglio di Stato.

I giudici hanno infatti respinto il ricorso (che era stato già bocciato dal Tar) col quale  la società sportiva aveva impugnato il provvedimento di rescissione della concessione ed il conseguente sfratto dalla struttura di corso Giannone a causa del mancato pagamento di circa 60mila euro di canoni. Una cifra che l’Assonuoto aveva sempre contestato ma che, adesso, costerà caro.

Per la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, infatti, i motivi addotti per impugnare i provvedimenti del Comune di Caserta sono “infondati”. “L'inadempimento del concessionario occorso nell’esecuzione del rapporto contrattuale che accede al provvedimento autoritativo di concessione è potenzialmente in grado di incidere sull’interesse pubblico sottostante a quest’ultimo - scrivono i giudici nelle motivazioni - e costituisce dunque circostanza valutabile dall’amministrazione ai fini della persistenza dell’uso speciale di propri beni in favore di privati che si dimostrino inaffidabili. Quanto ora affermato è reso evidente nella presente fattispecie, in cui l’inadempimento dell’obbligo del pagamento di concessione ha determinato per l’autorità comunale concedente una mancata entrata patrimoniale corrispondente alle somme previste per l’affidamento della gestione dell’impianto sportivo, il quale in coerenza con gli obiettivi di efficienza ed economicità cui la pubblica amministrazione è soggetta in generale e nello specifico nella gestione dei propri beni viene disposto in forma onerosa”.

Evidenziando, inoltre, che “deve ritenersi che il Comune di Caserta abbia esercitato legittimamente le proprie prerogative contrattuali” in quanto “l’inadempimento dell’obbligo di pagamento del canone di concessione deve ritenersi necessariamente grave, in quanto attinente all’obbligazione principale posta a carico del concessionario. A prescindere dall’esatta quantificazione della somma effettivamente dovuta, ciò che rileva è il mancato saldo del debito accumulato, non intervenuto nemmeno oltre i venti giorni concessi dall’amministrazione e nemmeno per la cifra di cui la stessa concessionaria si riconosce debitrice nell’atto di appello”.

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