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Migranti del Sai rientrano a Caserta: "Trasferiti tra le campagne o in centri ghetto"

Tensione alle stelle nelle case delle coop con chi non ha voluto lasciare il Capoluogo. Uno dei beneficiari arrestato dopo la lite con operatore

Si chiama Sai, acronimo per Sistema per l'accoglienza ed integrazione. La "i" nell'acronimo sta per integrazione, lo ripetiamo, e non "isolamento". Perché gli ormai ex beneficiari del progetto a Caserta, trasferiti dopo la sospensione da parte del Ministero dell'Interno per criticità emerse sulla gestione, sono stati 'spediti' in campagne isolate, lontane dai centri abitati o peggio in "campi" simili a ghetti. Così molti di loro, soprattutto bengalesi, sono tornati nel Capoluogo.

Il rientro

Dopo la sospensione del Sai, per i circa settanta ospiti erano intervenuti su disposizione del Ministero dell'Interno i provvedimenti di trasferimento in Sai di altre province dove era stata trovata la disponibilità. Una quarantina di beneficiari, pachistani e bengalesi in prevalenza, erano stati trasferiti in blocco nel bolognese e anche in Puglia, a Mesagne (Brindisi), mentre i circa trenta accolti di origine africana erano stati trasferiti singolarmente o in gruppi di pochi elementi in piccoli comuni soprattutto del Sud, circostanza che aveva spinto questi ultimi a rifiutare il trasferimento, visto come una sorta di punizione e discriminazione, anche perché a Caserta frequentavano scuole e corsi di formazione: in altri termini seguivano un percorso di integrazione. Così da un lato gli accolti di origine africana hanno continuato a stare a Caserta nella case delle coop, che comunque devono lasciare, mentre bengalesi e pachistani sono partiti. In molti, proprio in questi giorni, sono ritornati a Caserta. "Ci hanno trasferiti a Mesagne in una zona di campagna - dice un bengalese all'Ansa - che ci facciamo lì? Preferiamo farci aiutare dai nostri parenti o da amici". Altra questione aperta, che forse ha convinto gli ex ospiti del Sai a non partire o a tornare, è quella dei soldi dei pocket money non ricevuti per 6-7 mesi, situazione che riguarda tutti gli ex migranti del Sai di Caserta, creditori di somme non alte ma per loro vitali, dagli 800 ai 2200 euro. 

Tensione nelle case dell'accoglienza: un arresto

Nella serata di mercoledì, ci sono stati momenti di tensione. Un ragazzo ivoriano che ancora vive in una delle case delle coop, in corso Trieste, in pieno centro del capoluogo, è stato arrestato dopo una lite avuta con due operatori di una cooperativa; è intervenuta la polizia, che ha portato il giovane in Questura per poi arrestarlo per resistenza a pubblico ufficiale. Per tutti i migranti che non hanno accettato il trasferimento o sono tornati a Caserta, uscendo così dal Sai, si apre ora un futuro molto incerto: tutti hanno permessi di soggiorno in quanto rifugiati, in attesa di risposta sulla loro richiesta di asilo o ricorrenti in seguito al "no", o perché soggetti a protezione speciale; ma uscendo dal Sai, qualora il loro permesso dovesse scadere, dovranno provvedere in autonomia, e se in teoria non dovessero avere una conferma del titolo, diverrebbero irregolari, nonostante siano da anni in Italia. 

Ex Canapificio: "Pagina amara per l'accoglienza"

"Ancora pagine amare nella storia del Progetto di Accoglienza Sai di Caserta, un fallimento che condiziona la vita di 75 ex ospiti, e una sconfitta che cancella anni di impegno civico ed istituzionale volto alla costruzione di una comunità accogliente. Finanche questi trasferimenti stanno avvenendo senza tutela per le persone accolte". Sono parole cariche di rabbia e delusione quelle pronunciate da Mimma D'Amico del Centro sociale Ex Canapificio, associazione che da decenni assiste gli immigrati a Caserta e in provincia. "Gli accolti nel Sai di Caserta, sospeso a febbraio - aggiunge la D'Amico sempre all'Ansa - sono stati trasferiti senza cura per i progetti individuali di ciascuno, senza tenere presenti i contatti di lavoro, inclusione, istruzione degli accolti. Persone con un percorso di inserimento lavorativo in corso, trasferite a centinaia di km di distanza. Persone con un importante percorso civico e di inclusione, che li vedeva custodi di beni comuni e volontari di attività di solidarietà, spostati come pacchi. In ultimo, notizia di questa mattina, persone trasferite a Mesagne in un luogo definito dagli accolti 'Campo', forse un Cas (Centro di accoglienza straordinario), ma comunque un ghetto dove i migranti vengono riposti. Queste persone hanno deciso di fare ritorno a Caserta, di fuoriuscire dal percorso di accoglienza. Stamattina hanno chiamato un nostro mediatore bengalese perché erano alla stazione senza un luogo dove andare. Anche altri richiedenti ora stanno cercando sistemazioni presso amici e connazionali. Ieri inoltre un altro episodio molto grave, che ha visto l'ennesima incapacità di comunicazione tra un cittadino accolto a Caserta e gli operatori dell'ente gestore, finito con l'intervento delle forze dell'ordine in una situazione nella quale le vittime sono certamente gli accolti, abbandonati a se stessi. Pensiamo poi che in tanti ex accolti nel Sai attendono di ricevere i mesi arretrati dei poket Money. Un fallimento" conclude con amarezza la D'Amico.

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