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Permessi di soggiorno al rallentatore: in un anno solo il 18% delle pratiche

A Caserta, territorio storicamente interessato dai fenomeni di lavoro nero e caporalato, su 6.623 domande sono in via di rilascio 1.247 permessi di soggiorno

La campagna "Ero straniero" ha presentato gli ultimi dati sull'andamento della misura straordinaria di regolarizzazione del maggio 2020, che vede ancora decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici in attesa di concludere la procedura. Nel corso della presentazione, sono stati anche illustrati alcuni emendamenti alla legge di bilancio che la campagna ha elaborato al fine, da un lato, di "salvare la sanatoria", dall'altro, di superare il ricorso a tale misura.

I numeri della regolarizzazione

"Come campagna Ero straniero seguiamo con grande attenzione l'attuazione della regolarizzazione straordinaria prevista dal governo nel maggio 2020, preoccupati in particolare dai tempi troppo lunghi dell'esame delle 230.000 domande presentate e dalla situazione di precarietà che tale ritardo sta determinando", hanno dichiarato i promotori illustrando i dati alla Camera dei Deputati. "Dai dati risalenti alla fine di ottobre scorso (ottenuti attraverso una serie di accessi agli atti rivolti al Ministero dell'Interno), emerge che poco più di un terzo delle pratiche è stato finalizzato finora da parte delle prefetture (conclusa la pratica istruttoria) e sono solo 38.000 circa i permessi di soggiorno rilasciati dalle questure a procedimento ultimato. A Caserta, territorio storicamente interessato dai fenomeni di lavoro nero e caporalato, su 6.623 domande sono in via di rilascio 1.247 permessi di soggiorno. Ancora critica la situazione in alcune grandi città: a Milano, delle 25.900 domande ricevute, sono in via di rilascio solo 2.551 permessi di soggiorno. A Roma su 17.371 domande, sono 1.242; a Torino, su circa 5.412 domande, erano 760 a luglio i permessi di soggiorno in via di rilascio e sono ora 1.620. A Napoli, sono 1.780 le pratiche concluse positivamente, su 19.268 domande ricevute, mentre a luglio erano 641. Migliore la situazione a Latina (su 3.602 domande 3.028 sono arrivate nella fase conclusiva), a Bari (3.387 permessi di soggiorno in via di rilascio su 4.996 domande), a Bologna (3.302 su 4.260), a Reggio Calabria (1.438 permessi di soggiorno su circa 2.173 domande). Da evidenziare il numero piuttosto alto di rigetti 11.405 in totale (il 5,5% sul totale delle domande già esaminate dalle prefetture)". Sono 207.452 le domande di emersione presentate dal datore di lavoro per lavoratori e lavoratrici nel settore domestico - la maggior parte - e in quello agricolo. La scadenza per la presentazione delle domande era il 15 agosto 2020: da allora, il totale dei permessi di soggiorno rilasciati dalle questure fino al 2 novembre è di 27.823 (a cui vanno aggiunti 69 permessi per attesa occupazione ottenuti da chi, mentre aspettava l'esito della propria domanda, ha nel frattempo terminato il rapporto di lavoro in corso per diverse ragioni come per esempio, decesso del datore di lavoro o termine del contratto), pari al 13% circa del totale delle istanze. Tornando alla regolarizzazione, si tratta di un ritardo ancor più grave se messo in relazione con le ragioni per cui è nato il provvedimento e alla situazione di emergenza vissuta nel Paese, non solo a livello sanitario. Come sottolineato nell'ultimo rapporto della Fondazione Moressa, infatti, su 456mila posti di lavoro persi nel 2020 a causa dell'emergenza Covid, il 35% ha riguardato cittadini stranieri. In particolare, le donne sono state più colpite degli uomini a causa di una maggiore precarietà dei contratti. "Anche alla luce di queste evidenze, sarebbe stato necessario consentire nel minor tempo possibile l'emersione dal lavoro nero e il rientro nell'economia legale delle decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori che hanno aderito alla sanatoria - hanno affermato i promotori della campagna Ero Straniero - Ma ciò non è successo".

Le testimonianze

Le testimonianze raccolte dalla Campagna Ero Straniero da persone in emersione, datori di lavoro, personale impiegato nelle prefetture, operatori di sportelli legali e patronati, dipingono un quadro sempre più allarmante con conseguenze pesanti che riguardano, da un lato, la vita delle persone in attesa; dall'altro, le criticità emerse nello svolgersi dei procedimenti. "Tra le questioni più sentite da chi è in attesa di ottenere i documenti - hanno ricordato i promotori - c'è il divieto, di fatto, di lasciare l'Italia: i lavoratori e le lavoratrici in emersione, pur avendo una posizione regolare sul territorio, non possono rientrare nel paese di origine fino a che la procedura non si conclude". Queste alcune delle testimonianze raccolte. "Ci sono badanti che non rientrano a casa dai loro figli da due anni, che non hanno potuto partecipare ai funerali di parenti morti per la pandemia. È un dramma vero", ha affermato un dirigente Sportello Immigrati Comune, Lombardia). "Una persona che seguivo, lavoratrice domestica in emersione, è tornata in Ucraina perché il marito è finito in ospedale con una emorragia cerebrale. Ha perso tutto. Dopo sedici mesi di attesa". (Operatore di patronato, Veneto). "Il vero problema è stato che Y. non è mai potuta tornare a casa, dal marito e dai figli. E visti i tempi, se va bene dovrà aspettare fino alla primavera prossima. Questo non è giusto. È chiaro che per me è stata una comodità averla sempre qui, ma davvero non è umano". (Datrice di lavoro, Umbria).

Le criticità

"Il fatto che sia ormai trascorso un anno e mezzo dalla presentazione delle pratiche, senza che numerosi datori di lavoro e lavoratori abbiano avuto risposta, sta esasperando molte situazioni e minando la fiducia dei cittadini e dei lavoratori stranieri nella pubblica amministrazione", affermano i promotori della campagna. Sui singoli aspetti della procedura si aprono poi scenari poco rassicuranti. Innanzitutto, dopo quasi un anno e mezzo, possono cambiare le condizioni che avevano permesso di fare domanda di emersione. "In attesa della convocazione presso le prefetture, alcuni rapporti di lavoro sono cessati perché a termine o per altre cause più o meno gravi (decesso del datore di lavoro o semplice indisponibilità a continuare nel procedimento) - si segnala nell'analisi di Ero Straniero - Secondo quanto previsto dall'art. 103 e dalle circolari emesse dal Ministero dell'Interno del 24 luglio 2020 e del 17 novembre 2020, in questi casi il lavoratore può chiedere il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione e cercare ulteriori proposte di lavoro. Ma, per accedere al permesso per attesa occupazione, datore e lavoratore devono prima ricevere la convocazione presso lo Sportello Unico delle Prefetture per formalizzare l'avvio e l'interruzione del rapporto. Fino a quel momento, il lavoratore non potrà accettare nuove offerte andando incontro a un periodo senza un'occupazione".

Il rischio di rigetto della domanda

"Il prolungarsi dei tempi di esame delle pratiche, e l'affastellarsi di indicazioni arrivate nei mesi successivi al varo della misura, non hanno purtroppo portato chiarezza, né tantomeno generato interpretazioni estensive, rispetto ad alcune questioni chiave di questa procedura di regolarizzazione. Ciò sta determinando, come abbiamo visto, un numero alto di rigetti delle domande", continuano i responsabili della campagna. Una delle questioni più spinose riguarda il requisito dell'idoneità alloggiativa. "Sull'opportunità della richiesta di un documento certificante l'idoneità dell'alloggio a persone che vivono e lavorano irregolarmente sul nostro territorio, e che proprio per questo non sono in grado di produrlo, abbiamo già discusso nel nostro precedente rapporto. E di nuovo, ci viene confermata dalle persone intervistate non solo l'assurdità di tale richiesta, ma anche la pericolosità delle situazioni che genera". "In molti territori, poi, viene confermata l'esistenza di un mercato informale delle certificazioni, con prezzi che vanno da un centinaio di euro a cifre ben più alte - denunciano i promotori di Ero Straniero - Inoltre, permane la confusione sul fatto che sia necessaria la certificazione oppure sia sufficiente la richiesta presentata agli uffici comunali. Molte Prefetture sembrano considerare sufficiente la richiesta protocollata per avviare la pratica, a meno che non risalga troppo indietro nel tempo. In altre, la certificazione originale deve essere comunque prodotta per ottenere il permesso di soggiorno, pena rigetto dell'istanza". Un'altra questione estremamente spinosa, che ha messo in difficoltà lavoratori, datori di lavoro e persino le Prefetture, riguarda le prove della presenza in Italia prima dell'8 marzo 2020, richieste per accedere alla sanatoria. "Innanzitutto il Viminale non ha mai chiarito quanto indietro nel tempo potesse risalire la prova di presenza, lasciando alle Prefetture una completa discrezionalità. Si va quindi da Prefetture che accettano documenti risalenti al massimo al 2019, ad altre che hanno stabilito arbitrariamente il limite del 1 gennaio 2017, fino ad alcune che accettano documenti datati dal 2012 in avanti. A seconda del territorio, dunque si sottolinea - le possibilità di vedere accolta la propria domanda cambiano drasticamente. Anche rispetto alla tipologia di prove di presenza valide, si sono generate in questi mesi pratiche disomogenee, anche a causa del ritardo delle indicazioni ministeriali". Si moltiplicano per tali ragioni i preavvisi di rigetto, a svuotare di senso una procedura fatta per mettere in sicurezza i lavoratori e il Paese. "E il rigetto fa più male quando chi ha fatto richiesta di emersione, è stato erroneamente indotto a rinunciare alla domanda d'asilo che aveva in corso e si ritrova senza documenti - ricorda Ero Straniero - In molti territori in fase di presentazione delle istanze, infatti, è stata chiesta la rinuncia alla domanda di protezione internazionale da parte di richiedenti asilo, nonostante la norma espliciti il contrario".

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