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In carcere per 2 anni per errore giudiziario ora rinasce in pizzeria: “Senza la famiglia non sarei qui”

Mario Tirozzi festeggia i 4 mesi dall'apertura di "Apprendista Pizzaiolo": "Da sempre cultore della pizza, con i soci-amici abbiamo fatto questa follia ma non lascerò il mondo dei fiori". Poi l'appello al ministro della Giustizia: "Separazione delle carriere e rivedere l'uso della custodia cautelare per gli incensurati"

Colori caldi, locale innovativo, cura del dettaglio, ricerca del particolare, menù studiato e insegna che desta tanta curiosità racchiudono lo sguardo al futuro dell'imprenditore capuano Mario Tirozzi, conosciuto alle cronache per essere vittima di un errore giudiziario. L'imprenditore, nonostante un sorriso coinvolgente e un'apparente serenità, porta dentro l'anima le ferite incancellabili di un errore giudiziario che lo ha tenuto 655 giorni in carcere e 137 ai domiciliari. La consapevolezza estrema della sua innocenza, l'incontro con l'avvocato Antonio Maio e la fiducia nella giustizia portano oggi Mario a 'festeggiare' i 4 mesi dell'apertura della sua attività, "Apprendista Pizzaiolo" in via Carlo III 33 a San Nicola la Strada, assieme ai soci-amici che hanno voluto con lui intraprendere questa 'follia' e al personale che crede nel suo progetto ad ampio raggio.

Chi è Mario Tirozzi? Lo abbiamo chiesto a lui. "Ero un imprenditore florovivaistico da tre generazioni. Commerciavo all'ingrosso e tuttora collaboro in questo settore ma non più in un'azienda mia bensì di un parente. Si tratta sempre di importazione da paesi esteri, in particolare l'Olanda, e distribuzione in Italia di piante e fiori ornamentali, un mondo che non lascerò mai. Tutto bene fin quando non fui coinvolto in un'inchiesta giudiziaria insieme a tantissime altre persone che operavano nel mio stesso settore e che avevamo rapporti con una grossa azienda olandese che fatturava milioni di euro con l'esportazione di piante e fiori. Nel mio caso le accuse si basavano su intercettazioni in cui, secondo l'accusa, le trattative tra me e le segretarie di quest'azienda, che non sono state nemmeno indagate né ascoltate come persone informate sui fatti, celavano in realtà un traffico internazionale di stupefacenti. Cosa non vera e che alla fine è stata confermata anche dalla giustizia, che mi ha assolto per non aver commesso il fatto".

Una storia difficile da raccontare: "La mia famiglia ha sempre creduto in me, altrimenti non starei qui. Per gli amici è diverso, perché nessuno si aspetta un procedimento giudiziario. Non è stato facile, mia mamma ha venduto fiori per 70 anni in piazza Etiopia a Capua e credo sia più conosciuta 'Anna la fioraia' che il sindaco. Una mattina ti vedi arrivare i carabinieri in casa, con un faldone in mano, e non capisci niente soprattutto se come me non hai mai avuto a che fare con la giustizia. Mi hanno portato prima in caserma e poi in carcere. Si aprono le porte di questa nuova era, questa nuova realtà poco più che trentenne. Il carcere? Non è come lo raccontano all'esterno. Le condizioni igienico-sanitarie sono raccapriccianti, la doccia una volta a settimana e devi passare in un corridoio con l'accappatoio, se fa freddo o caldo e anche in questo caso la tua dignità di uomo è calpestata. Ci sono problemi da sempre nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, odori nauseabondi per la vicinanza con lo Stir e acqua di un colore non trasparente, ma sui toni del marrone. Sono state fatte anche passerelle politiche sul futuro del carcere. Qualcuno è arrivato anche ad affermare che la struttura è stata costruita nel posto sbagliato".

Quindi avvocati, giudici, processi: "La vita è sconvolta, i tuoi familiari e la tua compagna che sono certi dell'innocenza che vogliono tirati fuori nel più breve tempo possibile. Nonostante ciò tutte le richieste di arresti domiciliari, nonostante due genitori anziani, mi sono sempre state rigettate seppur da perfetto incensurato. Cambio avvocato per una scarsa sintonia con i miei familiari e questo nuovo avvocato, sempre del casertano, mi consiglia il rito abbreviato. Mi fido. Poi in carcere ho avuto modo di leggere e anche di sentire qualche altro detenuto che mi dice che forse non ho fatto la scelta giusta perché avrei potuto portare testimoni a mio sostegno, cosa che l'abbreviato non mi permetteva. Poiché il processo si svolge a Roma mi viene consigliato di affidarmi ad un avvocato del posto e così ho trovato l'avvocato Antonio Maio del Foro di Roma, che è stata la mia fortuna, dimostrandomi con i fatti che l'altro avvocato mi aveva solo preso in giro. In primo grado, come mi era stato prospettato, fui condannato a 7 anni di carcere nonostante il pm avesse chiesto 6 anni e 8 mesi. Tra l'altro prima della sentenza venni trasferito nel Reparto 'Tevere', senza alcuna spiegazione, che è di alta sicurezza e ciò ridusse i miei colloqui con i familiari, sia di persona sia telefonici, che, per chi è in carcere, è una bombola d'ossigeno, vitali per chi è recluso. Ebbi quindi la sensazione che la mia posizione si era aggravata. In Appello, avendo scelto l'abbreviato, non ho comunque portato testimoni a mio sostegno ma si ha a che fare con un'altra Corte, come mi hanno detto più persone, perché ci sono giudici che, pur non avendo gli strumenti perché hanno decine di processi da seguire, devono avere una grande serenità perché hanno tra le mani la vita di una persona. Il 29 novembre 2017 vengono assolto dalla Corte d'Appello di Roma per non aver commesso il fatto".

Più di due anni recluso da innocente: "Non avrei mai voluto essere così mediatico per questo motivo. Attraverso la mia storia spero di riuscire a sensibilizzare l'opinione pubblica perché se arrestano una persona non è per forza colpevole, bisogna attendere il terzo grado di giudizio. E per cambiare questa mentalità bisogna lavorare tanto, a cominciare dalle scuole. Proprio per questo faccio parte dell'associazione 'Errorigiudiziari.com', che è stata una delle prima a dare voce alla mia storia e come fa con tante altre vittime di errori giudiziari. Grazie a loro sono venuto a conoscenza di statistiche importanti come che ogni 8 ore una persona innocente viene arrestata e che lo Stato italiano spende 55 euro al minuto per riparare alle ingiuste detenzioni, considerando che solo il 21% delle persone fanno poi causa allo Stato per essere risarciti per ingiusta detenzione. E poi dobbiamo ascoltare un importante magistrato italiano che, nei mesi scorsi, in tv ha affermato che è fisiologico arrestare innocenti, che è un errore umano. Per me è gravissimo perché quest'errore umano ha distrutto la vita alle persone innocenti. E io sono stato fortunato ad avere avuto un carattere forte, una famiglia che mi è stata vicina e una fidanzata che ha continuato a supportarmi".

Cosa l'ha segnata di questa esperienza? "La conclusione delle indagini ti viene consegnata quando sei già in carcere, quindi se per caso le indagini, mesi dopo, non confermano la tesi iniziale viene comunque rovinata la vita di una persona. Nel mio caso sono stato arrestato, le mie aziende sono fallite, mi è stato distrutto un patrimonio, mi è stata distrutta una famiglia. Io dico sempre che in una scala di danni quello economico è all'ultimo posto. Immagini però un genitore, la sua reazione. Io vivevo con i miei che si sono visti arrivare alle tre di notte in casa i carabinieri, mio padre non sapeva se aiutare me o mia madre che svenne. Negli anni si sono indebitati per le spese legali. Mia madre non ha mai avuto il coraggio di venire in carcere. E ancora oggi devo subire. Subisco il mio inconscio ma anche la realtà. Non so più che significa dormire con un sonno pesante, non sto più tranquillo quando suona il citofono, se vedo un'auto dei carabinieri in giro mi sale un mix di rabbia. Se mi fermano ancora oggi mi mettono la macchina sottosopra per le perquisizioni. Io devo girare in auto con la sentenza di assoluzione. E' assurdo. Eppure l'avvocato ha scritto a tutti i ministeri. Mi pesa la non tranquillità. C'è la paura di vivere in Italia perché in Italia accadono queste cose. Cosa direi al ministro della Giustizia? Separazione della carriere perché l'interscambio di ruoli tra giudici e magistrati ma anche avvocati che poi lavorano per la Procura fa mancare la terzietà delle parti. Inoltre va fatto un uso meno smisurato della custodia cautelare, soprattutto per quel che riguarda gli incensurati".

Poi è arrivata l'assoluzione. La prima cosa fatta e le sensazioni iniziali? "Quando sono stato arrestato mi sarei dovuto sposare di lì a poco e quando è arrivata l'assoluzione, la sera stessa ho chiamato il parroco e ho chiesto quale fosse la prima data utile per sposarmi. Lo dovevo alla donna che mi è stata accanto e che mi è tuttora accanto. Poi mi era strano l'ordinario. Dopo anni non riuscivo a reggere in mano la forchetta. E' strano ma è così, in carcere si utilizza il monouso, a me mancava proprio la gestualità, l'avevo persa. Poi non riesci a guardare oltre una finestra. Io mi sono aggrappato alla mia famiglia e a loro devo restituire quanto gli altri mi hanno preso. Del resto quando leggevo che ero socialmente pericoloso, per cui non mi davano i domiciliari, mi chiedevo se quel Mario Tirozzi fossi io. L'avvocato anche con un pizzico di ironia durante il processo raccontava ai giudici di me come la persona che parlava al telefono per fissare appuntamenti dal notaio ma che era stato incriminato con quell'accusa pesante. Ovviamente quando sono uscito ho trovato una situazione commerciale disastrata, le mie aziende sull'orlo del fallimento. Mi sono dovuto rimboccare le maniche".

E come è nata questo progetto "Apprendista Pizzaiolo", chi è l'apprendista pizzaiolo? "Durante la mia detenzione non mi sono mai stati concessi i domiciliari, nonostante il parere positivo della Procura, tranne a 4 mesi dall'assoluzione, in questo caso col parere negativo della Procura, perchè le condizioni di salute di mio padre si sono aggravate. Tra l'altro abbiamo dovuto trascorrere quei giorni fuori dalla Campania, in un paesino in provincia dell'Aquila. Lascio immaginare anche lì la difficoltà iniziale per trovare un appartamento, sempre a causa dell'opinione pubblica che ti giudica prima di un processo. Poi per fortuna ci hanno conosciuti e tuttora siamo in rapporti con i proprietari di casa. Io non sapevo nemmeno fare un caffè prima del 2015. In carcere non ho mai cucinato, mi occupavo elle pulizie della stanza ma buttavo l'occhio quando gli altri cucinavano. Quando io e mio padre ci siamo ritrovati soli, ho deciso che non era possibile dover comprare sempre da mangiare, mi sono fatto comprare libri di ricette, ho iniziato a seguire programmi di cucina e ho scoperto un mondo che mi appassiona. Da sempre sono stato un cultore della pizza, questa poi è diventata una passione e l'occhio imprenditoriale mi ha spinto in questa follia. L'apprendista pizzaziolo non sono io in prima persona, io sono il titolare. L'apprendista pizzaiolo è un progetto. L'architetto mi ha sempre inquadrato come una persona camaleontica e pronta a rinnovarsi, ad apprendere. Da qui l'idea. Il nostro messaggio è chiaro, tra l'altro c'è una parete nel nostro locale che ci racconta: conosciamo la ricetta per una buona pizza ma studiamo per offrire esperienze migliori. Vogliamo offrire al cliente il meglio e lavorare in sinergia con chi è del nostro campo. Inutili le rivalità. Siamo partiti con un lievitista che lavora alla scuola Dolce e Salato di Maddaloni, abbiamo un direttore di sala, studiamo l'accostamento dei sapori e l'affiancamento con il vino e curiamo il singolo dettaglio anche per il locale. Abbiamo dei tavoli circolari fatti in legno di faggio e a spicchio di pizza e ogni spicchio ospita un commensale. I cerchi al soffitto richiamano la forma della pizza".

Apprendista Pizzaiolo - Intervista a Mario Tirozzi

Come vede il suo futuro lavorativo, come affronta le difficoltà del Covid e dei rincari e cosa spera da qui ad un anno? "Ovviamente mi auguro tanto successo, vogliamo stipulare accordi con le scuole alberghiere per aprire un'aula di formazione, per far apprendere. Inoltre abbiamo in programma delle serate con chef stellati. Il nostro obiettivo è di inserirci nell'ambito del settore pizzeria in una fascia medio-alta. Siamo a pochi passi dalla Reggia di Caserta e vogliamo offrire un servizio innovativo. Affrontiamo il tutto con tanta  follia. Abbiamo subito l'aumento elle tasse e prima ancora i rincari a causa del Covid e di alcuni lavori per la realizzazione del locale. E' difficile rimettersi in carreggiata, anche se il nostro è un progetto studiato e finanziato, se ti aspetti una bolletta dell'energia e ti arriva triplicata ovviamente questa ti ha messo in ginocchio. Ma noi ci crediamo e per questo vogliamo organizzare eventi. La cosa importante però è che i nostri clienti siano soddisfatti. Alcuni si sono già 'fidelizzati', li abbiamo visti ritornare e questo è positivo. Ovviamente i rincari colpiscono noi commercianti e colpiscono anche i cittadini. Mi auguro però che da  qui ad un anno non ci sia più il terrore del Covid e della guerra, salute a tutti e successo per la mia attività. Oggi per vincere la scommessa si deve tener conto del parere del cliente il giorno dopo". 

Che messaggio può lanciare ai giovani e che pizza consiglia per stasera ai suoi clienti e quali abbinamenti? "Ai giovani d'oggi posso dire di credere nei propri sogni. A chi vuole avvicinarsi al mondo dell'imprenditoria di investire ma di farlo con oculatezza e di essere sicuri, ma di approfittare di quest momento per raccogliere le idee. Poi di fare il passo. E a chi stasera sarà dei nostri consiglio la pizza 'Pro...fumi d'Oriente' (fior di latte da latte nobile, cuore di scarola riccia croccante, sashimi di tonno rosso, cipolla rossa di Tropea IGP caramellata, riduzione di salsa di soia e miele, mandorle tostate, affumicatura al faggio, ndr) abbinata o ad una birra artigianale o a bollicine, magari un bianco Valdobbiadene".

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