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Le prime parole del nuovo vescovo di Caserta: "Una chiesa povera per i poveri"

La lettera di monsignor Lagnese alla comunità di fedeli tra ricordo di D'Alise ed il rinnovamento della diocesi

Dal ricordo del vescovo Giovanni D'Alise al ringraziamento ai medici passando per il rinnovamento della chiesa casertana che deve essere "povera e per i poveri". Questo il messaggio alla Diocesi di Caserta del nuovo vescovo Pietro Lagnese, nominato da Papa Francesco a guidare la chiesa di Caserta.

"È ancora vivo - si legge nella lettera di Lagnese - in tutti noi il dolore per l’inaspettata dipartita, a seguito del contagio da coronavirus, di S. E. Mons. Giovanni D’Alise, pastore attento e premuroso della Chiesa di Dio che è in Caserta per più di sei anni. A lui la nostra gratitudine, che si fa preghiera, per la sua luminosa testimonianza di vita cristiana e per il fecondo ministero di prete e di vescovo. Con lui ricordo nella preghiera anche tutti gli altri vescovi passati alla vita del Cielo che, nella tradizione vivente della Chiesa, si sono succeduti in mezzo a voi e hanno servito la Chiesa casertana.

Carissimi, non senza emozione e trepidazione accolgo la decisione del Santo Padre Francesco di inviarmi a voi come vescovo. Lo ringrazio per la fiducia riposta in me e gli rinnovo ancora una volta l’assicurazione della mia costante preghiera, la mia piena comunione e l’adesione al Suo Magistero.

Al Papa confermo pure tutto il mio impegno a portare avanti il progetto di riforma della Chiesa perché diventi sempre più missionaria nelle sue scelte, decisa nell’annuncio del Vangelo, credibile nella testimonianza della carità; Chiesa povera e per i poveri, serva di Dio e mai mondana, mai piegata ai potenti di questo mondo e sempre chiara nel proporre le esigenze del Vangelo; ma, innanzitutto, nello spirito del Concilio, Chiesa del Samaritano e della Misericordia, che non si nasconde dietro muri di carta e d’incenso, ma vuole servire l’uomo, qualunque sia la sua condizione, la sua fede, il suo pensiero, e perciò sa farsi amica sua sempre. Nella scelta del Papa di mandarmi a voi, prima di ogni cosa riconosco però l’espressione della volontà di Dio su di me e su di voi: volontà di salvezza e di bene e, perciò, via per la mia e la vostra conversione. Pertanto innanzitutto a Lui, al Padre Buono e Misericordioso, che nel Suo Figlio Amato si è fatto conoscere e mi è venuto incontro, dico il mio grazie e dichiaro nuovamente la mia disponibilità a prendere il largo.

Vengo con la consapevolezza di non essere solo. Non so ciò che mi attende; sento però che il Signore viene con me; parte con me e mi accompagna, anzi mi precede.

Vengo pertanto con questa fede. E, con questo stesso spirito che mi dice di fidarmi ancora, chiedo anche a voi, fin da ora, di accogliermi così: sono un povero; non guardate perciò alla mia persona, ma a Colui che io sarò chiamato a rendere presente in mezzo a voi. Sono certo che lo farà innanzitutto la gente semplice, semplice ma ricca di fede: piccoli, nonni, anziani, malati, e tanti altri; quanti nella propria carne portano i segni di una disabilità e, con cristiana sopportazione, fanno l’esperienza della croce. Sono spesso i santi della porta accanto: di regola persone povere, poco importanti per il mondo e, a volte anche per la Chiesa, ma che, con l’offerta della loro vita e la loro preghiera, tanto fanno per la salvezza del mondo. Innanzitutto a loro il mio saluto, il mio grazie e la mia benedizione.

Un saluto tutto particolare e la mia più viva riconoscenza a S. E. Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo - Prelato di Pompei, inviato dal Santo Padre a reggere, nel tempo della sede vacante, la Chiesa casertana, in qualità di Amministratore Apostolico. Il lavoro da lui svolto in questi mesi, in un tempo, a causa della pandemia, tanto delicato e complesso, di certo sarà di grande aiuto per me e per voi, chiamati a continuare a camminare insieme.

Con Mons. Caputo saluto anche i vescovi emeriti, Mons. Francesco Cuccarese e Mons. Raffaele Nogaro, e i confratelli vescovi della Conferenza Episcopale Campana; a tutti loro, grato per la fraterna amicizia e la concreta comunione che crescono sempre più tra noi, chiedo di pregare per me.

Rivolgo il mio più affettuoso saluto ai presbiteri, ai diaconi, alle religiose e ai religiosi, ai seminaristi e, insieme a loro, a tutti i fedeli laici che operano a vario titolo in Diocesi, o che sono membri di associazioni, cammini e movimenti ecclesiali. A tutti assicuro fin da ora la mia preghiera perché, consapevoli, come dice il Papa, che “il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”, insieme sappiamo edificare una Chiesa capace di ascoltare sempre tutti e di imparare da ciascuno; una Chiesa che si mette in ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del Popolo e, in ascolto del Popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama.

È un’opera che, di certo, è già iniziata, ma che deve continuare per trasformare organismi e strutture della Chiesa e ogni aspetto della sua vita, e progredire in un discernimento ecclesiale che dev’essere sempre più permanente e aperto a tutti.

Anche alle Istituzioni preposte al servizio del bene comune, a quanti amministrano le nostre città e ne tutelano la sicurezza e la legalità, come pure al mondo della scuola, dell’università e della cultura, desidero far arrivare il mio saluto e il mio augurio. Il nostro territorio ha tante potenzialità - la terra, l’arte, ma anche la capacità tutta nostra di accogliere, adattarci e lavorare sodo - ma stenta a decollare.

Lavoriamo perciò tutti insieme per il bene delle donne e degli uomini che vivono nella terra casertana e fanno i conti con tante ferite e contraddizioni: penso alla piaga di una povertà che cresce, specie in questo tempo; alla mancanza del lavoro che pure quando c’è, non è né libero, né partecipativo, né solidale; penso al disagio giovanile e a una diffusa illegalità che sovente sfocia in vere forme di ingiustizia sociale e di violenza; ma penso pure alla piaga dell’inquinamento ambientale e a quella cultura dell’indifferenza che spesso diventa rifiuto dello straniero e del diverso.

Un saluto tutto speciale, in questo tempo di emergenza sanitaria, rivolgo pure ai medici e agli infermieri e a tutti gli operatori dell’Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta e di tutte le altre strutture sanitarie presenti sul territorio, come pure ai medici di base e a quanti, nelle Rsa o nelle case di riposo, assistono infermi e anziani: il Signore doni a tutti sapienza e forza per riportare in salute quanti sono nella malattia, e occhi di tenerezza perché l’esperienza della cura diventi occasione per crescere in umanità.

Carissimi, ci apprestiamo a celebrare il Natale del Signore - quest’anno tutto particolare a causa della pandemia, ma non meno intenso, anzi forse più vero perché più essenziale e più povero - nel quale potremo sperimentare meglio, come i pastori quella notte quando furono raggiunti dal canto degli angeli, la bella notizia dell’amore di Dio.

Sì, Dio ci ama: questa è la bella notizia! Sì, siamo amati dal Signore! Per dirci e darci quest’Amore il Figlio di Dio si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi. Vorrei portare anch’io in mezzo a voi questa notizia e riceverla io stesso da voi. Vorrei anzi che lo facessimo insieme. Come Chiesa, perché ciò avvenga, dobbiamo mettere però al primo posto Dio, essere capaci di decentrarci da noi e porre al centro il Signore Gesù, orientando ogni persona a Lui. Così hanno fatto gli angeli, così i pastori; così ha fatto il Battista. Così, sopra tutti, hanno fatto Giuseppe e Maria. Che possiamo fare anche noi così! Anzi, che possiamo essere come Maria, capaci di generare anche noi il Signore! A lei, Madre del Signore e della Chiesa, insieme a San Michele Arcangelo, Sant’Anna e San Sebastiano.

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