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La guerra sull’impianto rifiuti nell’area della Ferrarelle finisce al Consiglio di Stato

Campania Energia ha presentato appello dopo la bocciatura del Tar Campania

La società Campania Energia ha presentato ricorso al Consiglio di Stato per poter riavviare il trattamento di recupero di rifiuti non pericolosi, realizzato in un’area, al km 177 della Casilina nel comune di Teano, che ricade nella zona sottoposta al vincolo minerario della società Ferrarelle spa. La decisione è stata presa dopo che il Tar Campania ha bocciato il primo ricorso presentato da Campania Energia impugnando l’ordinanza di sospensione dell’attività e di demolizione delle opere abusivamente realizzate. L’impianto, sorto al posto di un insediamento per la trasformazione di prodotti agricoli, era stato realizzato ed era gestito in regime di autorizzazione semplificata ex art. 216 T.U.A. L’istanza di rinnovo dell’autorizzazione semplificata era stata successivamente negata. Da qui la richiesta di nuova autorizzazione.

Per i giudici della Quinta sezione del Tar Campania, che nello scorso mese di aprile hanno respinto il ricorso, però, “Campania Energia non può essere considerata, per il passato, legittimamente autorizzata in via semplificata all’esercizio dell’attività, non ricorrendo, fin dall’inizio, le condizioni legali di esercizio imposte dalle disposizioni relative alla procedura semplificata; tanto con riguardo all’assenza di validi titoli edilizi ed urbanistici (e, dunque, di agibilità dell’impianto, tra gli altri) per l’insediamento e l’esercizio dell’attività”.

Questo, si legge nella sentenza, “rileva certamente ai fini dell’inutilizzabilità della pregressa attività per “semplificare” l’esame della richiesta autorizzazione ex art. 208 d.lgs. 152/2006, che va invece effettuato “come se” di nuovo impianto si tratti, non essendo mai stati integrati i presupposti per il valido esercizio della pregressa attività. Al riguardo l’impianto della Campania Energia deve essere riconosciuto come attività da autorizzare ex novo. Ne discende che la “nuova” attività non può dirsi (né porsi) “in continuità” con la precedente, se non in via di mero fatto (giuridicamente irrilevante), e deve essere valutata, per tutti i profili rilevanti, per l’appunto come nuova attività”.

Sulla scorta di questo ragionamento, il Tar ha inteso respingere il ricorso della società asserendo che “l’area in questione è effettivamente e incontestatamente compresa tra i sistemi a dominante naturalistica tra i sistemi territoriali di sviluppo del Piano territoriale regionale (PTR) e il Comune ha svolto la sua motivata opposizione in sede di Conferenza; inoltre il Comune di Teano è sprovvisto di strumento urbanistico generale, essendo ancora in vigore il programma di Fabbricazione, sicché trova applicazione anche il comma 4-bis in relazione ai prescritti limiti di edificabilità. Si tratta di disposizioni evidenti di “salvaguardia”, di durata limitata nel tempo e finalizzate, in un’ottica di prevenzione, a evitare l’insediamento di impianti di gestione dei rifiuti in aree delle quali non sia stata previamente definita la effettiva rilevanza ambientale e paesaggistica (in mancanza dell’ineludibile intervento delle Province), a condizione che si registri la contrarietà del Comune interessato. In sostanza, in mancanza di intervento delle autorità sovraordinate competente, in via sussidiaria ed eccezionalmente rispetto alla disciplina ordinaria (quella, cioè, della Conferenza di Servizi “a maggioranza”, il cui esito sostituisce tutti i titoli autorizzatori), viene attribuito ai Comuni, alle condizioni date, un rilevante potere oppositivo (“la propria motivata contrarietà”). Potere che il Comune di Teano ha in effetti esercitato formulando motivata contrarietà, nella sede procedimentale, all’insediamento e ponendo non peregrine questioni di compatibilità dell’impianto”.

La partita, però, non è finita. Perché Campania Energia ha deciso di adire il Consiglio di Stato per evitare la chiusura e la demozione. La palla, adesso, passa ai giudici romani.

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