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Anticorruzione, quella sorprendente rapidità che rischia di pesare sui cittadini (ma non sui colpevoli)

Sarebbe bastato tornare alla vecchia norma modificata della 'legge Cirielli' che ha fatto bene "all'Italia che conta"

E’ piuttosto sorprendente, ai limiti dell’anomalia procedurale (senza il previo parere della commissione Affari costituzionali), la rapidità con cui l’assemblea della Camera ha approvato il ddl per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici (il c.d. ddl Anticorruzione), provvedimento che contiene la oramai famosa riforma della prescrizione. Il testo passa ora al Senato.

Infatti, trattandosi di previsione delicatissima, oltre che gravida di ricadute sull’intero sistema del processo, sarebbe stata opportuna almeno una più ampia riflessione prima di varare l’innesto nella parte generale del codice penale una norma così perentoria e, nel contempo, carica di significati polemici. Perché non è affatto azzardata la congettura che tanta fretta e tanta improvvisa compattezza riflettano una sorta di rivalsa emotiva della maggioranza giallo-verde contro le bordate che provengono dalla commissione europea e da Bankitalia sul versante della politica economica.

Quanto al merito della proposta (che, in ogni caso, abbisogna dell’approvazione del Senato, sia benedetto bicameralismo perfetto…), va subito detto che suscita non poche perplessità, a cominciare dalla stessa idea di collocare un istituto giuridico della parte generale del codice penale all’interno della riforma (e sarebbe la terza in sei anni!) dei delitti contro la pubblica amministrazione previsti dalla parte speciale del codice penale.

Non è, tuttavia, soltanto una questione di riforma. In realtà, l’inserimento di una causa di sospensione della prescrizione con la sentenza di condanna di primo grado concretizza una specie di mannaia sui giudizi d’appello rispetto ai quali si assisterebbe ad una fissazione 'sine die'. Così, per esempio, dovrebbero essere travolti, per quel che qui importa, molti processi celebrati con imputati a piede libero, mettendo in crisi anche le finanze pubbliche sempre più esposte al rischio “legge Pinto”, dall’altro lato, sorgerebbero enormi difficoltà nel caso della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, in cui i testimoni dovranno essere riascoltati a distanza di anni dal fatto caduto sotto la loro percezione visiva o auditiva.

Di tutto questo non possono non tener conto quanti propongono innovazioni che sono, di fatto, costituzionali, perché incidono sul principio della ragionevole durata del processo, garantito dal secondo comma dell’art. 111 della Costituzione. E ciò vale anche nei confronti dell’obiezione secondo cui solo in Italia la prescrizione non si sospende con la sentenza di primo grado.

Ineccepibile, ma inidonea ad essere trapiantata rigidamente in Italia dove vige il principio – anch’esso di rango costituzionale – dell’obbligatorietà dell’azione penale. In ogni caso, sarebbe stato sufficiente eliminare la regola introdotta dalla legge Cirielli secondo cui la prescrizione va calcolata aumentando di un quarto il limite edittale di pena, ripristinando la vecchia prescrizione prevista dal codice fascista del 1930 il quale prevedeva l’estinzione del reato – per esempio, con pena uguale o maggiore a 5 anni – in dieci anni, ai quali andavano sommati ulteriori cinque nel caso fosse intervenuto un cd. “atto interruttivo della prescrizione”, quale il decreto che dispone il giudizio.

Di tutto questo non si è mai parlato perché – diciamoci la verità – la legge Cirielli ha fatto bene “all’Italia che conta” che si è vista beneficiata dalla prescrizione in sette anni e mezzo dalla commissione del fatto: gioco facile con un processo a rito accusatorio e due gradi di giudizio. Due gradi perché – ridiciamoci un’altra verità –in Italia la prescrizione è stata già abrogata per via processuale – non legislativa - dalla Cassazione nel giudizio di legittimità. Ma dell’abolizione della prescrizione in Cassazione, ne parleremo in un’altra occasione.

Gennaro Iannotti, avvocato

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