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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Housing sociale, mazzata dal Tar per il Comune

I giudici amministrativi bocciano la delibera di Consiglio Comunale

L’ottava sezione del Tar della Campania, presieduta da Italo Caso, ha accolto il ricorso presentato contro il Comune di Cesa dalle società Immobiliare D’Agostino, Sviluppo Immobiliare e Tramontano S.r.l.

Il ricorso era stato presentato anche contro la Provincia di Caserta che però non si è costituita. Tutto nasce il 1 dicembre 2016 quando Domenico Communara, procuratore speciale di 5 società immobiliari proprietarie di vari complessi edilizi realizzati a Cesa, ha avanzato la richiesta di permesso di costruire per ottenere un ‘cambio di destinazione d’uso’ di un complesso edilizio da turistico-ricettivo a residenziale. Qualche giorno dopo, precisamente il 20 dicembre, il responsabile dell’Ufficio tecnico di Cesa riteneva accoglibile tale richiesta ma subordinava il materiale rilascio del permesso alla sottoscrizione di apposita convenzione con il Comune di Cesa. Tutto sembrava andare secondo i piani visto che poi il 14 febbraio fu anche convocato il consiglio comunale per approvare questo schema di convenzione. Ed è qui che arriva l’intoppo per le società.

Il punto all’ordine del giorno non viene trattato, ma rimandato a data da definirsi. In seguito a questo rinvio le società ricorrenti formalizzavano un invito/diffida al Comune di Cesa, finalizzato al rilascio del permesso in questione. Di risposta dall’Ente arriva una nota con la quale si affermava che “la richiesta è in fase istruttoria”, senza però indicare i tempi stimati per la definizione dell’iter e senza individuare il Responsabile del Procedimento.

Visti i ritardi del Comune quindi i responsabili delle società (essendo trascorsi 120 giorni dalla presentazione della richiesta) esortarono quindi la Provincia ad esercitare i poteri sostitutivi nominando un Commissario ad acta che definisse l’iter amministrativo finalizzato al rilascio del permesso richiesto, ed adottasse gli atti prodromici necessari (ovvero la convenzione). Il 20 giugno 2017 il presidente, quindi, nomina il commissario: è l’avvocato Clara Mariconda, che si insedia pochi giorni dopo la nomina.

Solo che, si legge nel ricorso, “il commissario incaricato riscontrava un atteggiamento poco collaborativo nonché dilatorio da parte dell’Amministrazione Comunale”. E quando mancavano pochi giorni alla conclusione del mandato fu convocato un nuovo consiglio comunale per approvare lo schema di convenzione. Solo che durante l’Assise la maggioranza decise di votare contro, non approvando quindi lo schema di convenzione nonché di non autorizzare il Responsabile dell’area Tecnica alla sottoscrizione della Convenzione.

Il sindaco in quella occasione sottolineava negativamente alcuni punti, tra cui la presunta non applicabilità al caso di specie dell’art. 39 della L.Reg. Campania n. 16/2004, riguardante i poteri sostitutivi del Commissario ad acta. Oltre che la richiesta di cambio di destinazione finalizzata parzialmente all’housing sociale, malamente venivano posti sullo stesso piano gli interventi di housing sociale e gli interventi di edilizia sociale (pubblici e privati), in particolare evidenziando che i bandi per l’assegnazione degli alloggi di proprietà comunale erano spesso andati deserti, e che, quindi, analoga sorte era presumibile potessero avere i bandi per l’Housing sociale. E quindi dall’Ente sottolineando che il Comune era sprovvisto di Puc si riferiva che “gli interventi di housing sociale costituiscono varianti, che sono vietate se non per opere pubbliche o di interesse pubblico”.

Quindi fu inoltrata una nota alla Provincia chiedendo la revoca dell’incarico del Commissario ad acta per aver il Consiglio Comunale già deliberato sull’oggetto del mandato commissariale. Nelle motivazioni dei giudizi viene sottolineato che “è così lampante come il Consiglio non abbia in alcun modo spiegato per quale ragione si sia determinato nel senso di non approvare lo schema di “convenzione tipo” approntato dagli uffici comunali, e ciò appare tanto più grave visto che invece la prima parte della delibera dà conto proprio della necessità di tale approvazione.

E’ perciò stato disatteso l’obbligo motivazionale riguardante, in forza dell’art. 3 L. 241/1990, tutti gli atti amministrativi, e quindi anche quello qui in discussione, la cui portata avrebbe dovuto essere limitata a definire una adeguata “convenzione tipo” del Comune di Cesa per gli interventi di housing sociale, mentre invece il dibattito che ne ha preceduto l’adozione è apparso incentrato sulla necessità o opportunità di questi ultimi (i quali, invece, avrebbero dovuto essere valutati caso per caso): specificamente, attesa la negativa scelta fatta, l’organo comunale avrebbe dovuto allora, nel rispetto dei principi di legalità e trasparenza, ben chiarire le ragioni alla sua base (mentre nel caso in cui l’approvazione dello schema vi fosse stata, una specifica motivazione in tal senso non sarebbe occorsa, essendo la definizione di una “convenzione tipo” un passaggio necessario, comunque richiesto dalla normativa di riferimento)”.

E sull’assunto secondo cui non sarebbero necessari nel Comune interventi di housing sociale “appare non supportato da idonea giustificazione (posto che il riferimento alla mancanza di domande per l’assegnazione di alloggi di proprietà comunale afferisce a situazione del tutto diversa dall’housing sociale, ma riconducibile a problematiche di edilizia residenziale pubblica); e che il riferimento alla mancanza del Puc appare irrilevante per la vicenda in discussione, atteso che la normativa posta dalla legge regionale 19/2009 consente di operare in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.

Peraltro, è evidente la rilevanza della vicenda sotto il profilo dell’interesse pubblico (trattandosi di determinazione incidente in definitiva in senso negativo su interventi costruttivi caratterizzati dal perseguimento di finalità sociali), e l’anomalia costituita dal fatto che la delibera consiliare non persegue (così come dovrebbe, vista la fase procedimentale in cui interviene) l’intento di definire una corretta e adeguata “convenzione tipo”, bensì, attraverso la scelta di non approvare tale schema, si è voluto (con modalità chiaramente sviata, viste le argomentazioni presenti nei documenti allegati al verbale della seduta) “bloccare” un intervento costruttivo il cui procedimento di assenso era già in corso, e la cui conformità alla vigente normativa urbanistico-edilizia dovrebbe essere correttamente oggetto di valutazione in sede di esame della relativa istanza di permesso di costruire”.

Su queste basi quindi i giudizi hanno ‘ordinato’ di annullare la deliberazione del consiglio comunale di Cesa riguardante quindi il ‘no’ alla convenzione ma respingono il ricorso sulla revoca da parte del presidente della Provincia del Decreto presidenziale presso il Comune di Cesa del commissario ad acta. L’Ente guidato dal sindaco Guida dovrà inoltre pagare le spese di giudizio che ammontano a 2500 euro.

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