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Martedì, 23 Aprile 2024
Attualità Casal di Principe

Don Patriciello chiama e il sindaco risponde: un parco per il 12enne vittima di mafia

Giuseppe Di Matteo fu una vittima innocente della criminalità organizzata

Il sindaco di Casal di Principe, Renato Natale ha subito raccolto l’appello lanciato da Don Maurizio Patriciello e la comunità casalese è già pronta ad ospitare un parco dedicato a Giuseppe Di Matteo vittima innocente della criminalità organizzata. “Abbiamo lanciato, io e don Fortunato Di Noto – ha detto Patriciello - un appello a tutti i sindaci d’Italia perché intitolassero una strada, una piazza, una scuola a Giuseppe Di Matteo. La città di Casal di Principe, tristemente nota per aver dato il nome al “Clan dei casalesi” è stata tra le prime a rispondere. Un Parco Urbano - realizzato su un terreno confiscato alla camorra - porterà il nome del piccolo martire della disumana ferocia mafiosa. Una notizia bellissima, cui, ne sono certo, faranno seguito tante altre. Agli amministratori di Casal di Principe un grazie di cuore. Al piccolo Giuseppe Di Matteo, un bacio. Da parte di tutti gli italiani amanti della giustizia, della pace, della vita”.

La storia di questo ragazzino sta a dimostrare la disumanità in cui precipitarono Matteo Messina Denaro e i suoi complici, Giovanni Brusca, i fratelli Graviano, Leoluca Bagarella. Oltre, ovviamente, a Enzo Brusca, Vincenzo Chiodo e Giuseppe Monticciolo che eseguivano i loro ordini, senza battere ciglio. Giuseppe Di Matteo fu rapito a Palermo il 23 novembre del 1993, per indurre suo padre, Santino, ex mafioso a sua volta e collaboratore di giustizia, a fare marcia indietro. Santino tenne duro. Il prezzo che pagò fu atroce. Oggi sappiamo come andarono le cose. Gli stessi aguzzini hanno ampiamente confessato. Le dichiarazioni rese fanno venire la pelle d’oca.

Per più di due anni, Giuseppe è stato solo. “Terribilmente solo. Disumanamente solo. Una sorte la sua, più unica che rara. Nei vari campi di sterminio che la storia ci rivela, i bambini, affamati, terrorizzati, infreddoliti, violentati, potevano almeno stare insieme. Parlavano, si facevano compagnia. Litigavano, tentavano persino di giocare. A Giuseppe nemmeno questa misera consolazione fu concessa – ha detto Patriciello -. Per lui la morte arrivò come una grazia. Oggi, con l’arresto del boss siciliano, serve dare un messaggio importante”.

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