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"Aversa da 18 anni in mano alle stesse persone"

Luca De Rosa commenta la sfiducia al sindaco: "Ora mi aspetto nuovi accordi di potere"

“Ad Aversa dal 2001 ininterrottamente le stesse forze economiche, sociali e politiche vincono le elezioni, con veri e propri plebisciti, con maggioranze bulgare.  I clan alleati in queste maggioranze non sono però mai stati in questi 18 anni in grado di produrre una sola settimana consecutiva di governo: permanenti conflitti affaristici e perennemente mutanti alleanze su spartizioni e oscure manovre di sottopotere sono stati il loro quotidiano agire”.

È un giudizio pesantissimo quello di Luca De Rosa, esponente del Partito Comunista Italiano di Aversa, sulla crisi politica che si è venuta a creare dopo le dimissioni di 13 consiglieri che hanno posto fine nella serata di ieri all’amministrazione di Enrico de Cristofaro.

“La città in questi anni non ha mai però deciso di fermarsi un attimo e di guardarsi dentro – è la riflessioe di De Rosa - di capire la natura di questo grumo di poteri e di affari, di elaborare una alternativa possibile a questo non governo predatorio della città. Mai. Ad ogni rottura delle alleanze estemporanee dei clan segue sempre una nuova ricomposizione, ma i ballerini di questa danza macabra sono sempre gli stessi, solo un po' invecchiati. Così sarà anche adesso: questa caduta del sindaco avviene senza un dibattito pubblico, senza un documento politico, una lettura pubblica dei processi. In modo clandestino, di notte, alla chetichella, 13 consiglieri appongono una firma davanti ad un notaio. Non una parola davanti alla città, come se la cosa pubblica fosse ridotta definitivamente a mero affare notarile e non una democratica partecipazione e condivisione – accusa l’esponente del Partito Comunista Italiano - Nessuno dice del perché. Nessuno offre alla città una possibile lettura del presente. Nessuno si assume la responsabilità di alzare il dito e di indicare il re nudo. Nulla e nessuno. In poche ore il nome del sindaco cadrà nell'oblio, i vecchi asti, i rancori, i litigi, saranno ricomposti in nome di nuovi patti di potere, di nuove spartizioni dei brandelli in decomposizione della città”.

“E' evidente – continua De Rosa - che questa caduta non rompe proprio nulla di questo schema, lo reitera in uno schema che sembra insuperabile, nel quale le elezioni di primavera non saranno un ostacolo ostile, ma solo un momento di ricomposizione estemporanea benedetta da un nuovo bulgaro plebiscito. Conosco poche persone che in tutti questi anni abbiano alzato il dito, che abbiano provato a fare un racconto del dramma che tutti vivevamo. Il mio dito a volte si è alzato tra queste. Pochi, troppo pochi, sempre inascoltati, spesso isolati e trattati come corpi estranei della città. Ci sarà da qui alla primavera il tempo per avanzare una proposta alternativa? Saprà il corpaccione molle e ignavo di questa città dare un segno di vita? Ho dubbi fortissimi che ciò accadrà – conclude De Rosa -. La speranza è poca, la speranza non è un sentimento che cambia qualcosa, passivo, attendista, fatalista. La pazienza è ancora di meno, virtù che l'età ridimensiona per scarsità della materia prima, del tempo. Ma quale gruppo, forza, associazione, partito, comunità, quale confraternita o bocciofila vorrà finalmente decidersi ad aprire una discussione pubblica sulla città ed i suoi destini?”.

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