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Le ‘burocrazie del Covid’: libero di uscire ma non di andare a lavorare

Il primo test positivo risale al 3 febbraio, dopo un mese non si è ancora negativizzato. Per l’Asl è ‘libero’ ma il ministero non rilascia il Green pass

Libero di uscire e di incontrare persone, ma non di non andare a lavorare. E’ una delle stranezze della pandemia Covid, legate a decreti e circolari che si sono susseguiti negli ultimi due anni e che hanno reso davvero difficoltoso raccapezzarsi tra i passaggi burocratici.

La storia che vi raccontiamo riguarda una persona di Caserta che, lo scorso 3 febbraio, è risultata positiva al Covid-19. Dopo il test, è iniziata la ‘trafila burocratica’, coi passaggi Asl, Regione e Ministero, che hanno portato, così come previsto, al blocco del Green pass. “Fino a negativizzazione o alla fine dell’isolamento” è scritto nella nota ricevuta.

Il tempo passa, il Covid no. Ad oggi, un mese dopo il primo test positivo, la persona in questione è ancora positiva. Ma qui iniziano i problemi. Perché per l’Asl di Caserta, passati i 21 giorni di isolamento, è libero di circolare. Ma non c’è stata alcuna comunicazione alla Regione ed al Ministero della Salute per poter riavere il Green pass che gli permetterebbe di poter tornare a lavorare. Così è costretto a non poter rientrare in ufficio ed a dover attendere l’ennesimo tampone. Che, però, dovrà essere a sue spese, visto che l’isolamento è finito e per l’Asl può uscire. Stesso discorso col lavoro: finito l’isolamento dovrebbe tornare a lavorare, ma senza Green pass non può.

Storture della pandemia, dunque. Soprattutto quando la burocrazia in salsa italiana ci mette lo zampino.

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