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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Attualità Casal di Principe

Don Ciotti sulla tomba di Don Diana: "La camorra ritorna con volti nuovi"

"Bisognerebbe stare scalzi sul pavimento della sacrestia di don Peppino Diana. È terra sacra"

"Bisognerebbe stare scalzi sul pavimento della sacrestia di don Peppino Diana. È terra sacra". Da ventotto anni, alle 7.30 di ogni 19 marzo, a partire da quello tragico del 1994 in cui don Peppino Diana fu ucciso dal clan dei casalesi, don Luigi Ciotti non manca mai a Casal di Principe: a dir messa, a onorare la tomba del sacerdote che ha sconfitto gomorra.

Come racconta a 'Famiglia Cristiana' "Casal di Principe è molto cambiata: sta diventando una città normale, ma loro (i camorristi, n.d.r.) vogliono tornare, dobbiamo stare attenti". Mentre si confida con le persone che lo accompagnano alla tomba di don Peppino, si guarda intorno, involontariamente. Dietro di lui centinaia di persone, di ragazzi. Un gruppo di scout arriva anche da Gorizia, guidati da Massimiliano, Max, che non ha dormito di notte per arrivare puntuale questa mattina presto.

Sono tutti in processione per andare a pregare sulla tomba di don Peppino. Mentre tanti entrano, un folto gruppo di ragazzi si dispone in cerchio all’esterno del cimitero, insieme con il vescovo ausiliare di Pozzuoli, don Carlo Villano, confratello di don Diana quando era prete nella diocesi di Aversa; e cominciano a raccontare la Casale che fu. Quella che la gente del posto e tutti gli italiani vogliono lasciarsi alle spalle. Perché da questo paesino del Casertano, ma anche da Casapesenna e San Cipriano d’Aversa: i tre paesi che furono definiti il triangolo della morte dall’Onu; per anni, in silenzio, fu condizionata l’Italia, fu inventata l’emergenza rifiuti e commessi migliaia di crimini efferati. Ma ora l’aria sembra cambiata. Casal di Principe sta realmente cambiando.

"Don Peppino deve darci una pedata. Deve svegliarci, perché spesso rischiamo di addormentarci", dice don Ciotti sulla soglia della tomba di don Diana, mentre ha accanto Marisa ed Emilio Diana, i fratelli del sacerdote. "Nonostante i grandi immensi cambiamenti che ci sono stati, che ci sono, loro tornano (i camorristi, n.d.r.) con volti nuovi, storie e facce nuove. Lui (Don Diana, n.d.r.) è morto e noi dobbiamo essere più vivi per combatterli. Come ha fatto Augusto Di Meo, l’unico che ha avuto il coraggio di testimoniare e di cui lo Stato si è dimenticato".

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