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Bambini senza un piatto a tavola, Caserta sul podio dell'insicurezza alimentare

Secondo lo studio della Cattolica un piccolo su 7 non ha garantito il pasto

Un bambino italiano su 7 non ha garantito il piatto a tavola e tra le situazioni maggiormente critiche c'è quella di Caserta che si piazza sul podio dell'insicurezza alimentare superata solo da Roma e Palermo. 

E' quanto emerge da uno studio condotto dal gruppo di ricerca del Dipartimento di scienze della vita e Sanità pubblica dell'Università Cattolica, sotto la guida dei docenti dell'Ateneo del Sacro Cuore Walter Ricciardi, ordinario di Igiene generale e applicata, e Maria Luisa Di Pietro, Associato di Medicina Legale, e il coordinamento scientifico della professoressa Chiara de Waure, associato di Igiene all'Università degli Studi di Perugia e Drieda Zace, dottoranda in Scienze biomediche di base e Sanità pubblica all'Università Cattolica, anche grazie alla collaborazione di alcuni pediatri di libera scelta dell'Associazione Culturale Pediatri. 

L'analisi, che ha stimato la prevalenza dei bambini italiani che vivono in una situazione di insicurezza alimentare, i fattori socio-economici ad essa associati e l'impatto sullo stato di salute dei piccoli, si è concluso nel 2019 ed ha preso in esame 6 macro aree italiane: Lombardia (Milano), Lazio (Roma), Marche (Jesi), Campania (Caserta), Puglia (Brindisi, Lecce), Sicilia (Palermo). Sono stati inclusi solo bambini tra 1 e 11 anni, nati in Italia, con genitori di nazionalità italiana, seguiti regolarmente da un pediatra di libera scelta. Su un campione di 573 bambini, si è evidenziato che 1 bambino su 7 vive in una situazione di insicurezza alimentare. Le macro aree risultate più critiche sono state in ordine decrescente la Campania (Caserta) e, a breve distanza, il Lazio (Roma) e la Sicilia (Palermo). Vivere nel Sud Italia, in famiglie numerose, con un reddito basso, genitori di giovane età e con basso livello di istruzione sono risultati i fattori predittori più frequenti di insicurezza alimentare. Inoltre si stima che per un bambino su 5 la famiglia di appartenenza viva nel timore di non avere soldi a sufficienza per acquistare il cibo fino alla fine del mese. Nella metà di questi casi, le famiglie non hanno realmente avuto risorse finanziarie sufficienti per acquistare cibo.

"Lo studio mette probabilmente in luce solo la punta di un iceberg - avverte Di Pietro - I dati qui ottenuti potrebbero essere una sottostima della situazione reale, anche perché i genitori tendono spesso a nascondere la verità della condizione della famiglia per vergogna. Lo studio non ha, inoltre, coinvolto zone delle città già notoriamente povere in cui senza dubbio l'insicurezza alimentare è più diffusa. C'è anche il rischio - continua Di Pietro - che con la chiusura delle scuole durante il lockdown e quindi con il mancato accesso alle mense scolastiche, che comunque sono garanzia di un pasto completo ed equilibrato per i bambini, l'insicurezza alimentare per i piccoli, specie se provenienti da contesti disagiati, può essere aumentata", conclude.

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