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Le incertezze economiche e i rincari fanno stringere la cinta agli italiani

(Roma) Anche il 2006 segna una riduzione (meno 1,2 per cento) rispetto al 2005 dei consumi agroalimentari. A frenare gli acquisti non sono soltanto i rincari dei prodotti, sui quali peraltro si sono allentate le forti pressioni dovute...

(Roma) Anche il 2006 segna una riduzione (meno 1,2 per cento) rispetto al 2005 dei consumi agroalimentari. A frenare gli acquisti non sono soltanto i rincari dei prodotti, sui quali peraltro si sono allentate le forti pressioni dovute allintroduzione delleuro, ma anche e soprattutto le preoccupazioni delle famiglie sulla situazione economica e le incertezze per il futuro. Sta di fatto che gli italiani a tavola sono molto più attenti e contenuti e guardano con maggiore attenzione al prezzo. A rilevarlo è la Cia-Confederazione italiana agricoltori in uno studio presentato nel corso della conferenza stampa del presidente nazionale Giuseppe Politi.Nonostante i consumi in quantità siano diminuiti, la spesa degli italiani è cresciuta. Il valore degli acquisti è, infatti, aumentato dell1,3 per cento. Le famiglie italiane mostrano una generale difficoltà nella spesa quotidiana. Vedono con grande allarme gli aumenti dei prezzi e delle tariffe dei servizi. Il che ha determinato una riduzione negli acquisti per lalimentazione e non solo, generando una crescita di quella che è linflazione percepita.Da qui la ricerca di prodotti non troppo costosi e di esercizi che praticano listini più convenienti. Non è un caso il fatto che circa il 60 per cento delle famiglie ha dichiarato di recarsi regolarmente presso un hard discount o un mercato rionale. Luoghi dove è più facile un acquisto a costi minori.Secondo lindagine della Cia, la percentuale di coloro che hanno ridotto le spese per lalimentazione si trova principalmente nelle fasce di età superiore ai 55 anni (con picchi elevati soprattutto per gli over settanta) e in quelle con redditi tra i 1300 e i 2000 euro mensili.Secondo lanalisi della Cia, le maggiori contrazioni dei consumi nel 2006 si registrano nel settore dellortofrutta (meno 5,2 per cento per la frutta e meno 4,8 per cento per gli ortaggi freschi). In questo particolare comparto si avverte una crescita solo per i prodotti di IV e V gamma che hanno fatto registrare una crescita di circa il 13 per cento. Prodotti che, tuttavia, hanno una percentuale minima (2,3 per cento) sullinsieme dei consumi ortofrutticoli.Dolenti note arrivano anche da altri settori dellagroalimentare. Le carni -rileva la Cia- hanno avuto una flessione del 2,2 per cento. Una diminuzione così ripartita: meno 5,5 per cento per le carni avicole (a causa soprattutto delle vicende legate allinfluenza aviaria), meno 0,3 per cento per quelle bovine e meno 0,4 per cento per quelle suine.Stessa tendenza al ribasso per i salumi (meno 1,8 per cento), per i derivati dei cereali (meno 3 per cento), con una flessione accentuata per per il pane (meno 7 per cento) e più contenuta per la pasta (meno 2,6 per cento). In consistente calo il comparto dellolio e dei grassi. Lolio doliva ha avuto una diminuzione del 9,2 per cento, il burro del 2,1 per cento e la margarina (da anni in costante flessione) del 30 per cento. Dopo la ripresa avutasi nel corso del 2005, si ha -avverte la Cia- una contrazione evidente (meno 12,8 per cento) anche per i vini e gli spumanti, che soltanto nellappena trascorso periodo festivo hanno registrato una forte impennata.Una tendenza positiva è stata, invece, evidenziata dalle bevande analcoliche (soprattutto acqua minerale), con un più 3,5 per cento, lo zucchero, il caffè e il tè, con una crescita dell1 per cento. Restano ancora sostenuti i consumi di latte e dei suoi derivati (con lo yogurt a fare la parte del leone). Per questi ultimi si ha una crescita del 2,5 per cento. Crescita che, però, non ha interessato i formaggi, le cui vendite hanno subito una diminuzione del 2,3 per cento. Gli yogurt hanno registrato un incremento dell8 per cento.La Cia ricorda che nel corso del 2006 si sono spesi per lacquisto domestico di prodotti alimentari 133,5 miliardi di euro, che rappresentano il 70 per cento dei consumi alimentari totali, i quali, a loro volta, toccano i 195 miliardi di euro con i pasti fuori casa (ristoranti, bar, mense).

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