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Rapporto Agromafie Eurispes: record di reati in Campania

Nola - Una delle regioni con il più alto numero di reati riguardanti il settore agricolo nel 2011 è stata la Campania con 2.011 reati. E' uno dei dati presenti nel Secondo Rapporto Agromafie, realizzato da Eurispes e Coldiretti, che conferma...

Una delle regioni con il più alto numero di reati riguardanti il settore agricolo nel 2011 è stata la Campania con 2.011 reati. E' uno dei dati presenti nel Secondo Rapporto Agromafie, realizzato da Eurispes e Coldiretti, che conferma quanto il territorio campano, e in particolare quello della cosiddetta "Terra dei Fuochi" sia uno dei più tristemente interessati dall'attività della criminalità organizzata. E' stato questo uno degli argomenti centrali della presentazione del volume, avvenuta oggi presso la sala centrale del Tribunale di Nola. Oltre al presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, hanno preso parte all'evento Anna Rea, segretario generale Uil Campania, Lucio Prisco Sorbo, direttore Coldiretti Campania, Maria Antonietta Troncone, procuratore aggiunto Tribunale di Nola, Giuseppe Vadalà, generale corpo forestale dello Stato, Angelo Caliendo, in rappresentanza degli Ordini degli Avvocati di Nola, Giovanni Fragola Rabuano, presidente del Tribunale di Nola, Paolo Mancuso, procuratore della Repubblica di Nola e Francesco Urraro, presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Nola.
"Presentare oggi qui questo lavoro non è un caso – ha dichiarato il presidente dell'Eurispes Gian Maria Fara – La Campania è in particolare questa zona compresa tra Napoli e Caserta è una delle più importanti dal punto di vista dell'agroalimentare e proprio per questo fa gola alle associazioni criminali che nel corso degli ultimi decenni non solo l'hanno sfruttata ma anche letteralmente violentata dal punto di vista ambientale. Qui più che altrove la criminalità organizzata è impegnata a 360° in questo business miliardario: controllano la distribuzione e il trasporto dei prodotti agroalimentari. Attraverso le estorsioni e le intimidazioni impongono la vendita di determinate marche e di determinati prodotti agli esercizi commerciali. L'Italia è il paese della buona tavola, del cibo di qualità, di prodotti unici al mondo. Buona parte del merito di questa unicità è rappresentato dal settore agroalimentare, da sempre fiore all'occhiello del Made in Italy che però non riesce a scrollarsi di dosso le vesti di Cenerentola. Oltre alla crisi, a rendere ancora più complicato negli ultimi anni lo sviluppo di questo settore vitale per l'economia del nostro Paese, anche l'appetito delle mafie. Camorra, Mafia, 'Ndrangheta sono state ancora una volta capaci di anticipare i tempi e ormai da anni hanno messo le mani su un business il cui giro d'affari – ha aggiunto Fara - si attesta attorno ai 14 miliardi di euro l'anno, 7 dei quali solo nel settore agricolo".
In alcuni casi, come avvenuto al mercato ortofrutticolo di Fondi, uno dei più importanti del Centro-Sud, le mafie addirittura si riuniscono in un vero e proprio "cartello" e impongono i prezzi a frutta e verdura. Approfittando della crisi economica e delle restrizioni al credito operate dalle Banche rilevano direttamente aziende, imprese e attività commerciali in difficoltà. Almeno 5.000 locali di ristorazione in Italia sono gestiti, attraverso prestanome, dalla criminalità che non solo in questo modo produce profitti ma riesce anche a riciclare denaro sporco. I reati nel ramo agroalimentare che vedono le mafie come attori spaziano dall'usura al racket, dai furti di attrezzature agricole all'abigeato, dalle macellazioni clandestine ai danneggiamenti delle colture, dalla contraffazione all'abusivismo edilizio, dall'agropirateria al saccheggio del patrimonio boschivo, dalle truffe ai danni dell'Unione europea fino a veri e propri crimini ambientali come quello del traffico di rifiuti tossici.
«Voglio esprimere la nostra grande soddisfazione – ha detto Francesco Urraro, presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Nola - per la presentazione del secondo Rapporto sui crimini alimentari realizzato da un prestigioso istituto quale Eurispes, che ha scelto Nola, città inserita in un territorio compreso nel triangolo della morte (Acerra – Marigliano - Nola) quale epicentro della cosiddetta Terra dei Fuochi. L'intento del Consiglio dell'Ordine e dei co-partecipanti vuole essere finalizzato a un approccio di carattere scientifico e propositivo per far emergere una proposta seria e concreta per il rilancio del nostro territorio, dove l'agricoltura e l'agroalimentare hanno rappresentato e rappresentano i traini dell'economia locale».
"Sempre più spesso – ha spiegato Lucio Prisco Sorbo, direttore Coldiretti Campania - i controlli effettuati sulla filiera agroalimentare portano alla luce condotte ingannevoli e fraudolente, poste in essere al fine di attribuire ai prodotti una falsa origine italiana, nonché la violazione delle norme in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari. L'attuale situazione del mercato risulta complicata dalla mancanza di trasparenza sull'indicazione di origine di molti prodotti agricoli, che crea confusione tra i prodotti di provenienza nazionale - che assicurano, tra l'altro, elevati standards di sicurezza e qualità - ed i prodotti di importazione che invece, spesso, presentano minori garanzie per il consumatore. Deve essere assicurata un'adeguata azione di prevenzione e di contrasto contro l'usurpazione del made in Italy. A livello europeo dovrebbero essere promosse diverse azioni: assicurare l'attuazione dell'articolo 26 del Regolamento CE 25 ottobre 2011, n.1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori ed assicurare agli Stati la possibilità di integrare la disciplina comunitaria con provvedimenti nazionali; riconoscere in capo agli Stati l'obbligo di far valere direttamente le violazioni della disciplina in materia di denominazioni protette a livello comunitario; assicurare un maggiore coordinamento degli organi preposti al controllo ed alla repressione delle violazioni nel settore agroalimentare anche valorizzando e potenziando le attività della rete Opson; estendere il campo di applicazione del sistema di allarme rapido previsto dal Regolamento n.178/2002, sin dalla fase di controllo e per tutte le violazioni del settore agroalimentare, comprese quelle relative all'etichettatura ed alla pubblicità degli alimenti; rivedere le disposizioni comunitarie sull'origine doganale per i prodotti agroalimentari; riconoscere la possibilità di adottare marchi, anche regionali, che evidenzino un legame del prodotto con il territorio di provenienza".
Nel 1° rapporto Agromafie, Eurispes e Coldiretti avevano denunciato il fenomeno dell'Italian Sounding, la commercializzazione di prodotti non italiani con l'utilizzo di nomi, parole, immagini che richiamano l'Italia, inducendo quindi ingannevolmente a credere che si tratti di prodotti italiani. L'Italian Sounding ha registrato un'ulteriore sofisticata evoluzione: non si investe più solamente sulla creazione all'estero di pseudo-aziende che imitano i nostri prodotti, ma si acquisiscono direttamente antichi e prestigiosi marchi legati alla storia e alla cultura dei nostri territori, li si svuota dei contenuti di conoscenza, tradizione, qualità, sapienza e attraverso di essi si commercializzano produzioni dall'origine incerta, ambigua e spesso pericolosa, così come ambigua è molto spesso la provenienza dei capitali utilizzati per queste acquisizioni. Insomma si è passati dall'Italian Sounding all'Italian Laundering con pezzi interi della nostra economia utilizzati per il lavaggio di denaro sporco.
Si tratta di due fenomeni che non solo stanno mettendo a rischio e svuotando il marchio del Made in Italy, ma che di fatto ingannano e mettono anche a rischio la salute degli ignari consumatori. L'Italia è al tempo stesso vittima e colpevole di questa situazione: vittima perché l'Europa non solo non effettua i controlli necessari ma pur di difendere la concorrenza e il libero scambio delle merci sta mettendo seriamente rischio pezzi di pregio del settore agroalimentare italiano; colpevole perché si è poco incisivi nei confronti delle scelte europee e perché purtroppo sempre più spesso alcuni produttori si stanno adeguando alle logiche della globalizzazione immettendo sul mercato alimenti falsi o di bassa qualità.
L'Italia è il terzo paese nell'Unione europea, dopo Olanda e Belgio, per deficit di suolo agricolo e il quinto su scala mondiale: dagli anni Settanta ad oggi, infatti, la perdita di superficie agricola nel nostro Paese ha interessato una superficie pari a 5 milioni di ettari, un'area equivalente al territorio delle regioni Liguria, Lombardia e Emilia-Romagna. Dal dopoguerra si è assistito ad un vorticoso aumento del consumo di suolo a danno soprattutto di terreni agricoli e aree boscate. È il risultato di uno sfruttamento "criminale" del territorio: si è scelto nel tempo un modello di sviluppo a breve termine, focalizzato su un'economia che ha prodotto inquinamento e ha compromesso, in maniera talvolta irreversibile, l'equilibrio naturale e la capacità di rigenerazione del ciclo ambientale. A causare la contrazione dei suoli agricoli sono stati l'abbandono dei terreni, uno sviluppo industriale "criminale" (vedi i casi di Taranto, Bagnoli, Scarlino o Porto Torres) e la cementificazione, un fenomeno che dahli anni Cinquanta a oggi ha interessato un'area di 1,5 milioni di ettari, equivalente all'intera Regione Calabria. In soli 15 anni i Comuni hanno rilasciato permessi per costruire pari a 3,8 miliardi di metri cubi, oltre 250 milioni di metri cubi l'anno.
Appare evidente dunque che la situazione in cui versano gli agricoltori italiani stretti tra la concorrenza straniera, dai costi non comprimibili e dall'aumento dei margini della distribuzione. Nell'ultimo decennio si è registrato un vero e proprio crollo dei redditi degli agricoltori la cui quota per ogni 100 euro prodotti dalla filiera è scesa da 7,6 a 1,5 euro. Di contro è interessante notare che i prezzi per l'ortofrutta moltiplicano in media di tre volte dalla produzione al consumo: i ricarichi variano dal 77% nel caso di una filiera cortissima, del 103% nel caso di un intermidiario, del 290% nel caso di due intermediari, fino al 294% per la filiera lunga. E proprio dietro tanti passaggi molto spesso c'è la longa manus delle mafie.
Negli ultimi anni di straordinaria importanza è stato il ruolo delle Forze dell'ordine (Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale). I Nas dei Carabinieri solo nel 2011 hanno effettuato 38.696 ispezioni accertando ben 22.206 infrazioni (+8%). Le regioni con il più alto numero di reati riguardanti il settore agricolo sono state Lazio e Campania rispettivamente con 2.091 e 2.011 reati. Impegnatissimi anche gli uomini della Guardia di Finanza che nel solo 2012 hanno sequestrato beni per un totale di 10.649.040 chili ed effettuato, fra l'altro, controlli del settore "Frodi comunitarie-Aiuti all'agricoltura". Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Sicilia sono le regioni che hanno registrato una prevalenza di fenomeni fraudolenti riguardanti l'indebita percezione o richiesta di contributi europei. In aumento anche gli illeciti amministrativi registrati dal Corpo forestale: 105 reati accertati e 154 persone segnalate.
Sono in totale 11.238 i beni immobili confiscati in Italia tra appartamenti, ville, capannoni, terreni, alle associazioni mafiose. In particolare in Sicilia sono stati confiscati 4.892 beni, in Calabria 1.650, in Campania 1.571 e in Puglia 995. A conferma della crescente penetrazione da parte delle organizzazioni mafiose anche nelle regioni del Nord, va sottolineato che i beni confiscati in Lombardia sono stati 963, una cifra di tutto rispetto. Nel solo 2012 sono stati sequestrati e confiscati 1.674 aziende. Il riutilizzo di questi beni non ha più, come accadeva fino a qualche anno fa, un ruolo meramente simbolico o di testimonianza. I beni confiscati costituiscono ormai risorse diffuse sul territorio, utili a fungere da volano per interventi organici e strutturati di sviluppo locale, insomma risorse preziose per creare nuova occupazione e migliorare il benessere sociale ed economico.

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