Dipinti e sculture di D'Orsi in mostra al centro d'arte "Il Castello"
Inaugurerà sabato 23 marzo alle 18,30 presso il centro d'arte "Studio Il Castello" di Maddaloni la straordinaria esposizione del Maestro Silvano D’Orsi, dal titolo “Dipinti e Sculture”.
Silvano d’Orsi è un uomo del Sud, di Gioia Sannitica, discendente di quella popolazione italica che importava opere d'arte dalla Grecia e dalla Magna Grecia, ha ereditato quella perfezione innata del segno, quella magia di bellezza che gli intellettuali della fine del '600, anche dopo geni indiscussi come Leonardo e Raffaello, Michelangelo e Caravaggio, ritenevano tale che mai si era raggiunta nuovamente quella naturale perfezione di umanità divinizzata, quella sintesi che sembrava scritta nel cielo, con le forme delle nuvole, con i rivoli dei ruscelli, con le trine dei fiori e delle foglie.
La stessa magia ha il segno di Silvano D'Orsi, ma la bellezza non basterebbe a spiegare il fascino che esso suscita. Le sue opere di oltre 40 anni fa sono già sicure e dense di significato, ma la prima che mi sono trovata a studiare è un dipinto murale a Mugnano (PG) del 1983: due donne che hanno già un'intrigante combinazione di astrazione e sensualità, combinazione così difficile che ancora caratterizza le donne di D'Orsi. Dicendo "donne" non si tiene conto della loro evoluzione successiva: hanno perso la testa sostituita da grandi elegantissimi cappelli. Così quei corpi sinuosi, gambe lunghissime e seni turgidi sono tremendamente attraenti ma anche ambigui.
In realtà non dipingere o scolpire i visi è anche il modo di non caratterizzare come individualità riconoscibili i personaggi. Così essi diventano ognuno e chiunque, ciascuno di noi, pirandellianamente identificati da abiti e maschere. La metafisica assenza dell'individuo si veste di bellezza. Si è parlato molto di ironia per i quadri e sculture del Maestro, ma si può cogliere dietro alla riflessione ironica sul culto dell'apparenza nella società contemporanea, un senso di struggimento, di anelito ad un'integrità perduta.
Ma posseduta mai davvero? Forse il ruolo dell'arte è sempre stato quello di costruire quell'identità e armonia che l'umanità ha intravisto e desiderato ma alle quali si è sentita vicina solo in momenti speciali. L'arte di D'Orsi, attraverso la grazia implacabile delle forme, crea questi momenti ma contemporaneamente ne svela l'inganno. Un elemento ricorrente sono le maschere, volti perfetti da teatro greco, a volte indossate dai suoi pigri Pulcinella, stanchi forse di tarantellare a vuoto, o appoggiate a terra con il nastrino a ghirigoro.
Mettono in guardia dalle illusioni ma con un sorriso che stempera il messaggio con grazia. Silvano lavora per temi che approfondisce e sui quali elabora magnifiche varianti: le moto, i fiori, le famiglie, le metafisiche, le attese, le coppie. In ordine di tempo l'ultima filtra le scene attraverso una tessitura raffinatissima di grigi sfumati d'argento e immersi in una foschia dorata preziosissima; le scene richiamano fotografie di altri tempi, elaborate ai sali d'argento, o la tavolozza lucente e iridescente del Guido Reni maturo nel cosiddetto periodo argenteo.
Infatti l'arte di Silvano D'Orsi si inserisce con diritto nella storia dell'arte, ne è una colta erede che non ricorre a citazioni ruffiane né a subdoli calchi. La sua originalità si nutre di cultura, di storia e di studio assiduo senza sfoggi pedanti. Le sculture in bronzo addensano lo spazio sulle loro superfici lucide e articolate dove il ricco panneggio viene creato e sospinto da un vento immaginario a evidenziare le forme eleganti e dinamiche delle figure femminili.