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Inland Empire

(Cinema) L’ultimo lavoro di David Lynch, opera per cui è stato premiato alla 63ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia con il Leone d’Oro alla carriera, rappresenta la massima espressione del linguaggio cinematografico...

(Cinema) L’ultimo lavoro di David Lynch, opera per cui è stato premiato alla 63ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia con il Leone d’Oro alla carriera, rappresenta la massima espressione del linguaggio cinematografico contemporaneo. Opera fondata sull’essenza dell’onirismo, ne rappresenta i codici, andando anche al di là dei limiti imposti dallo schermo. La contrapposizione tra elementi importanti come sogno e realtà, spazio e tempo, presente e passato, tutto contribuisce a creare un viaggio nella mente, nei mondi paralleli creati dalla forza dell’immaginario. Nikki Grace (Laura Dern) viene scritturata per interpretare un film dal nome “Il buio cielo del domani”, remake di un film polacco, che non è stato mai terminato a causa della morte dei due protagonisti. Il film sfocia nel film, di nuovo il cinema che riflette su sè stesso e sui suoi codici linguistici, scardinandoli, inserendoli in una veste riflessiva insolita, lontana dal cinema classico. Immagini che si intrecciano, dal film alla sitcom Rabbits, che viene rappresentata solo per dare dei segnali nell’interpretazione della narrazione. Oltre a scardinare l’evoluzione cronologica e narrativa in quest’opera Lynch dona una dimensione differente anche al suono, quest’ultimo diventa costante, angosciante, sostitutivo dei dialoghi. Un’esplorazione della mente attraverso immagini, figure simboliche, citazioni, ma soprattutto sensazioni. Un film di impulsi, di emozioni istintive che esplodono senza filtri, di provocazioni che vogliono solo suggerire, evocare, mai affermare. Il regista più rappresentativo del cinema contemporaneo, della consapevolezza del dispositivo, riesce ad affermare la propria indipendenza linguistica ed espressiva attraverso quest’opera. Lynch dà sfogo a tutta la sua potenzialità rappresentativa. Un film che non riesce a stare nei limiti imposti dai codici cinematografici, che lo stesso titolo in maiuscolo sembra voler eliminare i confini rappresentativi, esplicitando che il senso si trova fuori oltre le possibili interpretazioni. Un omaggio al cinema, ma anche una forte critica al sistema hollywoodiano, allo star system, come già aveva realizzato in Mulholland drive. Lynch riesce in maniera unica a mettere in scena le potenzialità e i limiti del dispositivo cinematografico. Analizza il ruolo dell’attore, elogiandone anche la sensibilità e la forza emotiva. Il tutto realizzato attraverso la sua scelta netta del digitale, l’utilizzo di questa tecnologia che rende il film imperfetto, ma che permette al regista di stare addosso ai protagonisti, di mostrare ogni dettaglio, di contornare ogni scena con il buio e le ombre. Il legame che Lynch crea con lo spettatore è fortemente comunicativo, ma non si basa mai sulla resa esplicita degli eventi. Emblematica l’immagine dell’attrice che rivede il suo film nella sala cinematografica, omaggio di David Lynch al fruitore, come vero creatore delle sue opere, che attraverso il suo intuito, ma soprattutto il suo coinvolgimento emotivo riesce a dare un valore unico alle sue opere.

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