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Martedì, 16 Aprile 2024
Cultura

La vita del boss pentito dagli amori di gioventù alla scalata nel clan

La storia di Buttone nel libro di Marilù Musto "Punta il piccione e spara"

Sono vari ed interessanti gli spunti che vengono tratti dal romanzo criminale "Punta il piccione e spara" della giornalista casertana Marilù Musto ed in uscita nelle librerie (Gnasso editore). Parla della vita, degli amori di uno studente universitario di nome Bruno Buttone che ben presto lascerà i testi di diritto per impugnare una pistola e diventare uno dei più sanguinari killer e capocosca del clan Belforte di Marcianise risultato egemone nella contrapposizione con il clan Piccolo in una guerra di camorra che ha fatto segnare oltre 80 morti ammazzati in 30 anni. Infine, la sua conversione avvenuta con la collaborazione con la giustizia e l'importante contributo nella azione di contrasto da parte della Procura distrettuale.

Sullo sfondo, la scomparsa del fratello Giuseppe, vittima di lupara bianca e l'ardente desiderio di vendetta che cambia le sorti di una famiglia normale dedita al lavoro. Tra i tanti delitti narrati dalla cronista de Il Mattino vi è l'omicidio di Michele Di Giovanni detto paparazziello. Omicidio quest'ultimo, chiesto al capoclan Buttone da parte di un altro affiliato Michele Froncillo e motivato apparentemente dal fatto che andasse a fermare i cantieri per conto del clan rivale Piccolo-Letizia. In realtà, si racconta nel libro, Froncillo "vendette" tale omicidio sotto mentite spoglie. Invero, la figura del Di Giovanni era indissolubilmente legata a quella di Francesco Spina, scomparso da Marcianise a Natale del 2004 e Froncillo temeva che Di Giovanni potesse rivelare particolari inediti proprio sulla scomparsa di Spina. Scomparsa quest'ultima, ancora avvolta dal mistero, ma secondo Buttone in realtà sarebbe stato disciolto nella calce viva su incarico dello stesso Froncillo a cui, quando Buttone ebbe a chiedergli le ragioni di tale omicidio durante una comune detenzione, avrebbe risposto laconicamente con un "è cosa mia".

Secondo il racconto già emerso all'epoca dalle indagini dei Carabinieri di Marcianise diretti dall'allora sostituto procuratore della Dda Raffaello Falcone, i ragazzi si sarebbero appropriati e fatto uso di un notevole quantitativo di cocaina appartenente ai fratelli Froncillo. Cocaina che poi sarebbe stata pagata dalla nonna di Spina mediante una serie di cambiali che, tuttavia, nonostante l'estinzione del debito, non gli avrebbe evitato di salvare la vita dell'amato nipote.

Altro delitto raccontato dalla giornalista è l'estorsione di 200.000 euro perpetrata dal capoclan Salvatore Belforte all'imprenditore Carlo Massaro di Capodrise. A seguito di un incontro avvenuto nei giorni immediatamente successivi alla sua scarcerazione (avvenuta ad agosto del 2006 grazie all'indulto), Salvatore Belforte avrebbe chiesto a Bruno Buttone di essere accompagnato presso Carlo Massaro, imprenditore edile della zona. La richiesta di Belforte Salvatore fu diretta e precisa : "mi devi dare subito 200.000 euro". La risposta dell'imprenditore fu: “Io non lavoro per voi, non faccio il vostro mestiere”. Da qui la furia di Belforte che gli scagliò contro una ceneriera di marmo che Massaro teneva sulla scrivania fracassandoti tutti i denti dalla bocca e chiedendo a Bruno Buttone di cacciare la pistola e di ammazzarlo.

Infine, di interesse, è apparso anche il riferimento ad una parte dei personaggi politici ed imprenditoriali che si sono rapportati con il clan. Buttone, secondo la narrazione della cronista Musto, cita il suo ex professore di italiano al Liceo Quercia di Marcianise che ed un politico-imprenditore del settore della logistica sostenuto in varie campagne elettorali da parte del clan.

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