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Cronaca

Vitalizi ai familiari di vittime innocenti della camorra, si riapre il caso in Tribunale

I parenti entro il quarto grado di camorristi attualmente non ne sono beneficiari

E' stata depositata al Tribunale di Napoli l'istanza con cui viene sollevata eccezione di incostituzionalità della normativa (contenuta nel decreto legge 151 del 2008, nella legge 94 del 2009 che hanno modificato la 302 del 1990) che impone il rigetto delle domande per il riconoscimento dello status di vittime della criminalità organizzata con conseguente erogazione del vitalizio qualora il beneficiario "risulti coniuge, convivente, parente o affine entro il quarto grado" di soggetti con precedenti per reati di camorra. Una normativa la cui ratio è quella di evitare di dare soldi pubblici a persone che gravitano nel contesto camorristico, sebbene abbiano avuto una perdita importante in famiglia, ma che di fatto negli anni ha impedito a numerosi stretti congiunti di vittime di camorra e mafia di ottenere dei vitalizi, sebbene i propri parenti uccisi siano stati dichiarati dagli stessi giudici vittime innocenti, ossia estranee a qualsiasi contesto criminale a dispetto delle parentele.

L'eccezione è stata sollevata da Giovanni Zara nel processo - arrivato in Cassazione - per l'omicidio di Paolo Coviello e Pasquale Pagano, vittime innocenti dei Casalesi uccisi nel 1992 per un errore di persona da parte dei killer, condannati in primo e secondo grado. Zara difende i familiari di Coviello e Pagano, così come tante altre figli, genitori o fratelli di vittime innocenti dei clan, da ultimo i familiari di Salvatore Barbato, ragazzo innocente ucciso nel 2009 ad Ercolano con 11 colpi di pistola perché aveva l'auto uguale a quella del camorrista che era il bersaglio dei sicari, e della cui vicenda si sono occupate dieci giorni fa anche le Iene. Le norme della costituzione che si ritengono violate sono in primis l'articolo 3, che stabilisce il principio di eguaglianza di tutti i cittadini, che non sarebbe rispettato sotto vari profili, come quello che discriminerebbe i parenti di vittime innocenti che vivono nei paesi più piccoli e a più forte densità mafiosa rispetto alle grandi città, come Casal di Principe, Casapesenna, o per spostarci ad altre regioni, Corleone, Locri; in queste comunità piccole e chiuse accade spesso che i legami di parentela coinvolgano buona parte della popolazione, per cui si può avere un cugino mafioso senza essere avere nulla a che fare con l'ambiente criminale. "In tal modo - dice Zara - si creano vittime di serie A e vittime di serie B. Altro profilo di illegittimità dell'articolo 3 - spiega Zara - è che la normativa non impedisce ad un collaboratore di giustizia che si sia macchiato anche di plurimi omicidi di ricevere un vitalizio se sua figlia è stata uccisa dopo la collaborazione".

Altra norma costituzionale contemplata dall'eccezione è l'articolo 27, che pone il principio della responsabilità penale personale, per cui le eventuali grane penali di una persona non possono ricadere sui parenti; c'è poi l'articolo 97 sul buon andamento della Pubblica Amministrazione, che sarebbe violato in quanto la normativa non vieta in alcun modo a parenti di mafiosi e camorristi di svolgere concorsi pubblici importanti, come quello in magistratura o in polizia, né impedisce a parenti stretti di camorristi di essere assunti in altri settori pubblici, come l'istruzione. , è il caso di Giuseppina Nappa, moglie del capoclan dei Casalesi Francesco Sandokan Schiavone. "Con l'enorme contraddizione - spiega Zara - che i figli di Riina o Sandokan possono partecipare e vincere il concorso per diventare giudici, e la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, può invece insegnare, come realmente accade, mentre ad un ragazzo che in giovane età ha perso il padre per un errore dei killer di camorra non viene riconosciuto nulla. Si tratta di una situazione evidentemente iniqua". Il Tribunale partenopeo dovrà ora fissare un'udienza in cui valutare se dichiarare ammissibile l'eccezione e rinviare la questione alla Corte Costituzionale.

Un'ulteriore strada per i parenti delle vittime innocenti dopo gli ostacoli e i continui "no" ricevuti dalla burocrazia ministeriale. La prima domanda per il riconoscimento dello status viene infatti presentata alla Prefettura, ufficio territoriale dello Stato dipendente dal Ministero dell'Interno; per i familiari di Coviello e Pagano, la risposta è stata un bruciante "no", perché i due avevano parenti con problemi di camorra, che peraltro si sono pentiti. Ma a fare più male sono state quelle poche parole usate nel provvedimento di diniego, dove si ritiene in particolare che i due figli di Coviello, Giuseppe ed Eufrasia, pur non avendo mai ricevuto una condanna o non essendo mai emerso il loro coinvolgimento in nessun affare del clan, pur essendo dunque persone normali e oneste, per il solo fatto di avere parentele pesanti, peraltro lontane e di quinto grado, fanno parte un entourage familiare assolutamente non estraneo ad ambienti delinquenziali, anzi ben inserito nei locali ambienti camorristici". "Una conclusione - spiega Zara - frutto di un'interpretazione totalmente sbagliata da parte del Ministero dell'Interno, che presume cose che non emergono affatto".

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