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Cronaca Marcianise

Le spedizioni della figlia del boss "pentito" mentre è in località protetta

A processo il marito di Gelsomina Belforte per la richiesta estorsiva a un imprenditore: "Paga o farà il tuo nome"

Dovevano stare in località protetta, dopo il pentimento del boss Salvatore Belforte, a cui è stato poi revocato lo status di collaboratore di giustizia, ma venivano a Marcianise e durante le visite nella città approfittavano per estorcere denaro ai titolari di un'attività di pompe funebri, utilizzando il boss "pentito" come uno spauracchio.

Le visite non autorizzate nella città Natale di Gelsomina Belforte e suo marito Giuseppe Alberico sono finite nel processo a carico di quest'ultimo, accusato di estorsione. Ad inquadrare le spedizioni, dinanzi al collegio presieduto dal giudice Caparco, è stato un ispettore della polizia di Caserta che ha condotto le indagini sulla coppia. "Gelsomina Belforte si recò a Marcianise il 18 aprile del 2016 - ha spiegato ai giudici rispondendo alle domande del pm della Dda Luigi Landolfi - Doveva essere in località protetta in Piemonte ed invece era qui". Una ricostruzione che trova la sua spiegazione nei tabulati telefonici che vedono il cellulare della figlia del boss dei Mazzacane "agganciarsi alla cella di via Petrarca a Caturano" e che copriva una fascia di territorio "tra Capodrise e Marcianise per un raggio tra i 500 metri ed il chilometro". Sempre monitorando le celle telefoniche che gli inquirenti videro che la visita fu breve: andò via il giorno successivo. 

Ma dai dati delle antenne emerge come non si trattò di un caso isolato. "Venne anche a Pasqua per 6 giorni, dal 24 al 29 marzo", ha spiegato l'ispettore. 

Qual era il motivo delle visite? Secondo la ricostruzione degli investigatori il marito di Gelsomina Belforte, Giuseppe Alberico, approfittò di quelle occasioni per chiedere una somma di denaro ad un imprenditore della zona dietro la minaccia che il boss "pentito" avrebbe fatto il suo nome. Ed è quanto si evince da alcune intercettazioni ambientali tra i due fratelli titolari dell'impresa che commentano come i due stessero facendo la villeggiatura a spese nostre, dello Stato. "Era furioso", ha commentato l'ispettore di Polizia. Circostanze che poi vennero confermate dagli imprenditori "che storicamente pagavano il pizzo ai Belforte" nel corso del loro interrogatorio. 

Inoltre, secondo quanto emerso nel corso dell'udienza, Alberico avrebbe utilizzato un cellulare la cui utenza era formalmente intestata a una donna rumena. Sempre dall'analisi delle celle il 29 aprile, in particolare, avrebbe percorso quasi 2000 chilometri in un solo giorno. "La sera prima era in Piemonte e la mattina lo troviamo agganciato alla cella di Recale", ha confermato l'ispettore. 

Il processo è stato rinviato alla metà di dicembre quando tra i testimoni della difesa è stato chiamato proprio Salvatore Belforte. 


 

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