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Cronaca Aversa

Colpo all’Unicredit, Jammer e ricetrasmittenti per evitare ‘contatti’. Si cercano altri complici

Il materiale ritrovato durante le perquisizioni a casa degli arrestati. Utilizzato il ‘Trojan’ nei cellulari degli indagati

Professionali e spregiudicati, agivano all’alba evitando qualsiasi contatto telefonico, collegandosi solo tramite ricetrasmittenti ed utilizzando i disturbatori di segnali (gli Jammer) per rallentare le telefonate alle forze dell’ordine e l’entrata in funzione dell’allarme della banca. E’ quanto emerso dalle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord sulla banda di 8 persone accusate di aver messo a segno il colpo alla banca Unicredit di piazza Vittorio Emanuele ad Aversa e del furto del bancomat ad Acerra nel settembre 2019. Si tratta di persone con precedenti specifici alle spalle, tutte comprese tra i 39 ed i 55 anni, residenti nella provincia di Napoli, ma per mettere a segno il colpo di Aversa (dove sono stati portati via 400mila euro in contanti, gioielli e lingotti d’oro) si sarebbero fatti aiutare da altre persone sulle quali si sta cercando di chiudere il cerchio. Anche perché, solo per il colpo nel cuore della città normanna, sono stati utilizzati ben 7 camion e tre automobili, per bloccare tutte le strade di accesso alla banca e rallentare l’arrivo delle forze dell’ordine.

Furto Unicredit Aversa

Un colpo studiato nei minimi dettagli. Quasi un ‘colpo perfetto’, che “fortunatamente non esiste” ha sottolineato il primo dirigente del commissariato di Aversa Vincenzo Gallozzi nel corso della conferenza stampa in Procura. Difatti la banda ha commesso un errore, quello di far scortare i camion, la sera prima del colpo, da un’automobile intestata al proprietario di uno dei mezzi utilizzati per l’assalto per il quale era stata presentata una denuncia di furto. Un fatto molto strano che ha messo gli inquirenti sulla strada giusta. Così la polizia casertana insieme ai colleghi di Napoli ed ai carabinieri di Castello di Cisterna (che intanto stavano indagando sul furto di Acerra) sono riusciti a stringere il cerchio attorno agli 8 arrestati. Che sono considerati dagli inquirenti il ‘centro pulsante’, mente e braccia, a cui poi si aggiungevano man mano altri uomini, utilizzati per le singole occasioni. Perché la percezione è che questa banda possa aver commesso anche altri furti. Come quello ad Afragola, il 22 ottobre 2019: molto simile al colpo di Aversa, ma che fallì. Le indagini vanno avanti e non si escludono sorprese nelle prossime settimane.

Per arrivare a ricostruire l’intera squadra è stato fondamentale il lavoro di coordinamento anche tra le Procure (Napoli Nord e Nola) e degli investigatori. La tecnologia ha dato una grossa mano, come ha sottolineato il procuratore capo di Napoli Nord Francesco Greco in conferenza, sia per l’utilizzo di telecamere di ultima generazione che hanno permesso di individuare le targhe sia grazie al Trojan, un virus che, inserito in un telefono cellulare, lo fa diventare un microfono completamente a disposizione degli inquirenti. Che, grazie alle informazioni carpite, sono riusciti a trovare anche la base logistica della banda a Pomigliano d’Arco ed a scoprire anche una stamperia utilizzata per realizzare targhe false che venivano poste sui mezzi rubati. Tutto studiato a tavolino, tranne l’elemento più importante: lo Stato c’è e risponde presente, soprattutto in casi di eccezionale gravità.

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