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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca San Cipriano d'Aversa

Tentata estorsione, va ai domiciliari il fratello dell'ex assessore

Torna invece libero Ragnino, per l'accusa avrebbero chiesto 40mila euro alla titolare di due vivai a Maddaloni

Torna libero Tommaso Ragnino e Francesco Diana finisce ai domiciliari. È quanto disposto dalla Dodicesima Sezione Riesame del tribunale di Napoli dopo aver accolto l'istanza avanzata dai legali dei due indagati tratti in arresto il 20 ottobre scorso dai carabinieri della compagnia di Maddaloni con l’accusa di tentata estorsione con l'aggravante della metodologia mafiosa, ai danni della titolare di due vivai a Maddaloni. Aggravante che è stata poi esclusa con il trasferimento di competenza al gip Maria Pasqualina Guardiano del tribunale di Santa Maria Capua che ha firmato una nuova ordinanza nei confronti dei due indagati confermando quanto disposto dal gip per le Giovanni De Angelis del tribunale di Napoli che aveva già escluso tale aggravante dichiarandosi incompetente e trasmettendo gli atti al tribunale sammaritano.

I giudici del Tribunale delle Libertà hanno quindi annullato l'ordinanza bis nei confronti di Tommaso Ragnino, assistito dall'avvocato Valerio Stravino, disponendone la liberazione dal regime degli arresti domiciliari ed hanno sostituito la misura cautelare della custodia in carcere con la detenzione domiciliare per Francesco Diana, assistito dagli avvocati Ferdinando Letizia e Enzo Domenico Spina. Secondo la prima ricostruzione dei magistrati antimafia Francesco Diana, 46enne imprenditore di San Cipriano d'Aversa (fratello dell'ex assessore Orlando Diana, coinvolto nell'inchiesta della Dda di Napoli sul business delle cooperative sociali) e Tommaso Ragnino, 49enne di Maddaloni (già coinvolto in un'inchiesta della Dda partenopea sulle piazze di spaccio a Maddaloni), alludevano di appartenere al clan dei Casalesi per estorcere denaro.

La vittima sarebbe un ragazzo marocchino naturalizzato a Maddaloni, detenuto presso il carcere di Bergamo - con precedenti per furto di mezzi per il movimento terra ed agricoli nonché di auto. Le indagini, partite a seguito della denuncia sporta dalla madre del detenuto lo scorso 23 maggio, hanno permesso di accertare che gli indagati, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi e con minacce di morte e atteggiamenti allusivi all’appartenenza e vicinanza ai Casalesi, le avrebbero ripetutamente chiesto di consegnare la somma complessiva di 40mila euro in tre tranche da 25mila euro, 12mila euro e 3mila euro, da elargire in tempi diversi, quale corrispettivo di presunti pregressi debiti contratti dal figlio della vittima. In sede di interrogatorio però è emerso un quadro della vicenda ben diverso reso dai due indagati che hanno negato gli addebiti contestati chiarendo le loro vicendevoli posizioni.  I nuovi scenari profilati hanno portato poi all'esclusione dell'aggravante della metodologia mafiosa.

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