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Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Dieci anni per ottenere un permesso dal Comune: chiede risarcimento, il giudice dice ‘sì’

L'ente dovrà pagare per l’inerzia degli uffici che hanno rallentato anche il lavoro del commissario ad acta

Dieci anni di attesa per ottenere un permesso in sanatoria per l’ampliamento di un locale destinato ad attività commerciale che era stato bloccato per un errore “tecnico” del Comune di Santa Maria Capua Vetere. E non è bastata neanche la nomina di un commissario ad acta per accelerare l’iter, tant’è che, dopo l’insediamento (avvenuto nel 2011) c’è stato bisogno di attendere fino al 2014 per avere l’atto ufficiale da parte dell’Ente.

Tempi lunghissimi che hanno spinto la proprietaria del locale a presentare una nuova richiesta al Tar Campania per ottenere il risarcimento danni per “l'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”. E l’Ottava Sezione del tribunale amministrativo di Napoli (presidente Francesco Gaudieri) ha inteso accogliere la tesi della ricorrente (che aveva chiesto un risarcimento di quasi 600mila euro) dando 90 giorni di tempo al Comune di Santa Maria Capua Vetere per presentare una offerta che tenga conto del valore locatizio dell’immobile, del numero dei mesi per i quali si è protratta l’inerzia, oltre gli interessi.

“Non può di certo dubitarsi - si legge nella motivazione del Tar che il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento (24 mesi) sia di per sé fonte di un danno economicamente apprezzabile. Tanto più che, come già visto, la ricorrente, a fronte di un’istanza di condono presentata nel dicembre 2004 ha, infine, conseguito il titolo solo in data 6/3/2014, dopo aver attivato un giudizio avverso il silenzio e previo insediamento del Commissario ad acta che ha impiegato all’incirca tre anni per l’espletamento dell’incarico”.

Appare molto grave quello che scrivono ancora i giudici quando spiegano che “La documentazione prodotta da parte ricorrente dà conto, peraltro, della scarsa collaborazione che il personale degli uffici tecnici comunali ha garantito al Commissario. A titolo esemplificativo, si segnalano i reiterati solleciti che l’ausiliario ha rivolto al personale incaricato al fine del reperimento della documentazione necessaria e della effettuazione delle necessarie verifiche. Va, altresì, rimarcato che dalla documentazione versata in atti emerge che fin dal marzo 2010 (e, dunque, ben prima che la ricorrente instaurasse il giudizio avverso il silenzio), con determina dirigenziale n. 125 del 10/03/2010 era stato rettificato il tipo di frazionamento, atto propedeutico rispetto alla successiva rettifica del contratto di acquisto “per accessione invertita”. Sennonché, il Commissario risulta non essere venuto tempestivamente a conoscenza di tale determina. Dell’esistenza di tale atto, il Commissario parrebbe aver avuto notizia solo per il tramite del difensore della ricorrente nel novembre 2012 e, comunque, non prima del settembre 2012, secondo quanto, invece, affermato dal dirigente UTC nella nota allegata al ricorso. Solo successivamente, quindi, il Commissario ha potuto sottoscrivere il contratto di acquisto in rettifica di quello precedentemente stipulato con la ricorrente. Necessita evidenziare, sul punto, che il Comune non ha, né in sede procedimentale né in sede giudiziale, giustificato tale ritardo con riferimento, ad esempio, a concrete e specifiche criticità di tipo tecnico o organizzativo, diverse dalla generica difficoltà di reperire atti amministrativi risalenti nel tempo. La documentazione afferente alla fase procedimentale affidata al Commissario rivela – al contrario - quanto meno grave negligenza e/o imperizia degli Uffici comunali, idonee a configurare l’elemento soggettivo dell’illecito, sub specie di colpa”.

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