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Cronaca Mondragone

Ordine d'arresto per il boss accusato della strage di Pescopagano: condannato all'ergastolo, ma si teme la fuga

Il processo è ancora in Appello, la Dda chiede ed ottiene l'ordinanza cautelare per La Torre

I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta hanno notificato ad Augusto La Torre, già detenuto, ex capo dell’omonimo clan operante a Mondragone e sull’intero litorale domizio, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea a seguito della condanna all’ergastolo inflittagli perché ritenuto responsabile dei reati di strage, omicidio e lesioni personali gravissime, commessi nel territorio del Comune di Castel Volturno, in località Bagnara, frazione di Pescopagano, la sera del 24 aprile 1990 (c.d. “strage di Pescopagano”). 

Il provvedimento è stato emesso per il timore che La Torre, detenuto per altri reati dall’anno 1992, possa darsi alla fuga prima dell’esecutività della sentenza (il processo è in Appello) approfittando magari dei benefici previsti dall’ordinamento vigente. In particolare, la sentenza di condanna e il conseguente provvedimento restrittivo identificano in Augusto La Torre, nato a Mondragone, 57 anniu, uno degli esecutori materiali della strage, commessa al fine di imporre sul territorio il predominio del clan. 

Il grave fatto di sangue si articolò in due fasi: una all’interno del bar “Centro” dove i componenti del commando, sparando all’impazzata, cagionarono la morte di due persone, Naj Man Fiugy e Alfonso Romano, mentre rimasero ferite altre sei persone; successivamente il gruppo di fuoco, uscito dal locale, uccise altre tre persone, Haroub Saidi Ally, Ally Khalifan Khanshi e Hamdy Salim e ne ferì una quarta, che si trovavano a bordo di una Fiat 127 parcheggiata vicino all’esercizio commerciale. 

L’esito della sconvolgente spedizione punitiva, ricordata come la “strage di Pescopagano”, causò complessivamente la morte di 5 persone, tra cui un avventore occasionale del locale e padre di sei figli, nonché il ferimento di altre 7. Nella circostanza anche il figlio 14enne del gestore del bar venne colpito, riportando gravissime lesioni che ne procurarono danni fisici permanenti.

La cruenta azione delittuosa, ordita nei minimi particolari, veniva portata a termine al fine di imporre sul territorio il predominio della camorra locale contro coloro che, in special modo cittadini tanzaniani, gestivano il mercato dell’eroina sul litorale.

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