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Cronaca

"Dammi soldi o facciamo il tuo nome": il genero del boss "pentito" verso la sentenza

I raid dalla località protetta di Giuseppe Alberico e della moglie Gelsomina Belforte

Volge alle battute finali il processo a carico di Giuseppe Alberico, il genero del boss Salvatore Belforte, accusato di aver chiesto denaro ad un'impresa di onoranze funebri di Marcianise mentre avrebbe dovuto essere il località protetta in seguito al "pentimento" del boss dei Mazzacane. 

Stamattina, dinanzi al collegio presieduto dal giudice Giovanni Caparco del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, è andato a vuoto l'ultimo tentativo da parte del difensore di Alberico, l'avvocato Donzelli, di riesaminare gli spostamenti di Alberico e della moglie Gelsomina Belforte a Marcianise (documentati dai cellulari che si agganciavano a celle telefoniche localizzate sul territorio). Istanza a cui si è opposto il pm Luigi Landolfi e rigettata dal giudice. Il processo è stato dunque rinviato alla fine di febbraio per la requisitoria del pm.

Secondo la tesi accusatoria il genero del boss Belforte avrebbe chiesto denaro al titolare di un'impresa di onoranze funebri dietro la minaccia che il boss "pentito" avrebbe fatto il suo nome. Tutto mentre sia Gelsomina Belforte sia suo marito avrebbero dovuto essere in località protetta nel nord Italia ma venivano spesso e volentieri a Marcianise in quelli che sembrano essere, secondo gli inquirenti, veri e propri blitz di pochi giorni ma anche di poche ore (in una circostanza Alberico fece avanti ed indietro dal Piemonte nella stessa giornata).

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