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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

Schiavone: "Ci servivano soldi, non potevamo aspettare"

Il rampollo di casa Sandokan ai magistrati: "Le ditte pagavano subito dopo le aggiudicazioni"

Tutti e subito. Il clan dei Casalesi non poteva attendere che le ditte ricevessero i soldi dalle pubbliche amministrazioni per gli appalti vinti con l'aiuto della cosca criminale. Il clan aveva bisogno di soldi, tanti e liquidi e la cassa era esigente, doveva pagare gli stipendi agli affiliati oltre a sostenere spese straordinarie, quelle legali e per le armi.

E' questo il quadro delineato da Nicola Schiavone che ha spiegato, nel corso di una testimonianza durata circa 4 ore nell'ambito del processo Jambo, come il denaro entrasse nella disponibilità dei Casalesi.  "Non potevamo aspettare. Spesso gli imprenditori ci pagavano in assegni - ha rivelato il primogenito di casa Sandokan - Gli imprenditori creavano aziende fittizie e le intestavano a loro dipendenti, operai o capicantiere. In questo modo, emettendo false fatture, uscivano i soldi. Poi noi andavamo dai commercianti per farceli cambiare".

L'importante era che il denaro fosse materialmente nelle mani del clan. "A noi servivano soldi liquidi per mantenere mantenere in piedi il clan - ha proseguito Schiavone jr. - e per questo consentivamo agli imprenditori di poter pagare anche con assegni post datati. L'importante è che ce li davano subito dopo l'aggiudicazione".

E tra coloro che cambiavano gli assegni c'era anche Alessandro Falco, patron del centro commerciale di Trentola Ducenta. "Cambiava gli assegni a Giacomino Capoluongo", ha concluso Schiavone.  

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