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Cronaca Casapesenna

Schiavone: "Zagaria voleva uccidermi a Valencia"

Il figlio di Sandokan racconta ai giudici il retroscena: "Ci odiavamo, uno dei due era di troppo"

"Uno dei due era di troppo". Queste le parole di Nicola Schiavone, il figlio di Sandokan divenuto collaboratore di giustizia, che è tornato a parlare dei rapporti incrinati con Michele Zagaria al punto da volersi eliminare a vicenda. 

Schiavone - ascoltato oggi nel processo che vede alla sbarra il boss Zagaria insieme all'ex sindaco di Casapesenna Fortunato Zagaria e al consigliere comunale Luigi Amato per le minacce a Giovanni Zara, anch'egli sindaco di Casapesenna - ha ripercorso il clima in cui maturò quell'odio nel 2008, "prima a Zagaria lo rispettavo davvero non a chiacchiere", ha sottolineato Schiavone.

La frizione comincia nel 2007 per questioni riguardanti "la gestione degli imprenditori e degli appalti ma si trattava di discussioni". Nel 2008 ci fu l'omicidio di Michele Iovine, ordinato da Zagaria: "Dopo quell'omicidio Zagaria rivendicò la zona di Caserta - ha proseguito Schiavone - Nel clan funzionava così: chi risolveva la situazione ne prendeva i benefici". E nonostante l'ampliamento del raggio di azione Zagaria continuò a versare la quota da 80mila euro nella cassa comune del clan. Per questo "ci fu una freddezza e non ci incontrammo più, o meglio ci incontrammo poche volte alla presenza di Antonio Iovine e Nicola Panaro". 

Nel marzo 2009 Schiavone ordinò l'omicidio di Antonio Salzillo, nipote di Antonio Bardellino e rientrato nell'agro aversano nel 2007 (Salzillo venne ucciso a Cancello ed Arnone). "Noi a Zagaria gli riconoscevamo tutti i meriti criminali che aveva - ha detto ancora - Era strano che sul ritorno di Salzillo facesse spallucce dicendo che non sapeva niente. Non poteva non sapere, Zagaria era troppo malavitoso per perdersi una cosa del genere. Dopo l'omicidio di Salzillo, io e Zagaria non ci siamo incontrati più ma abbiamo continuato ad avere un rapporto epistolare per le esigenze del clan. Io continuavo a mantenere la cassa comune, con gli stipendi agli affiliati, anche se Zagaria non mandava più soldi. Eravamo ai ferri corti, ormai tra noi si era scavato un solco". 

Per questo Schiavone maturò l'idea di uccidere Zagaria. "O io o lui eravamo di troppo - ha aggiunto il rampollo di casa Sandokan - Con Antonio Iovine e Nicola Panaro decidemmo che non si poteva andare avanti in quel modo". Per il progetto omicidiario Schiavone iniziò a prendere informazioni sul rivale: "Sapevo tutti i suoi spostamenti ma non ho mai fatto niente. Feci una lista delle persone dove Zagaria si appoggiava, l'auto con cui si spostava e la diedi sia a Iovine sia a Nicola Panaro".

Nel frattempo anche Zagaria cercava informazioni su Schiavone jr. "Dissi ad Antonio Basco che sarei andato in vacanza a Valencia. Lo feci per capire se lo avrebbe poi riferito a Zagaria. Venni a sapere poi da una persona (il cui nome è ancora coperto dal segreto degli organi inquirenti nda) che Zagaria stava cercando un appoggio a Valencia".

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Paolo Di Furia, Giuseppe Stellato, Paolo Trofino e Raffaele Mascia

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