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Cronaca

Stop alle scarcerazioni dei boss, c'è il decreto: Zagaria può tornare in cella

Ci sarà una nuova valutazione da parte dei magistrati di tutti i casi, ripartono anche i colloqui in carcere

Un decreto legge approvato in fretta e furia dopo la 'bufera' degli ultimi giorni in seguito alla scarcerazione di ben 376 esponenti della criminalità organizzata che hanno ottenuto gli arresti domiciliari. L'obiettivo è quello di "far rivalutare dai magistrati, alla luce del nuovo quadro sull'emergenza Covid, i provvedimenti di scarcerazione in alta sicurezza o al 41 bis". In pratica potrebbero riaprirsi le porte del carcere per elementi di 'spicco' della criminalità italiana tra i quali anche Pasquale Zagaria, boss del clan dei Casalesi. Nelle ultime ore è uscito di carcere anche Giacomo Capoluongo, cassiere del clan Schiavone. Lo ha deciso il gip, dopo anche una perizia, che ha scarcerato Capoluongo "per motivi di salute".

Quattro gli articoli in tutto del decreto legge firmato del guardasigilli Alfonso Bonafede approvato dal Consiglio dei Ministri.

Il testo prevede una nuova valutazione dei giudici di sorveglianza entro il termine di quindici giorni "dall'adozione del provvedimento" della detenzione domiciliare, "e successivamente con cadenza mensile". Ma la valutazione può anche essere effettuata subito, ancor prima della decorrenza dei termini "nel caso in cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunica la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena". Quindi qualora sussistano le condizioni i mafiosi tornano dentro.

L'autorità giudiziaria deve però sentire l'autorità sanitaria regionale, "in persona del Presidente della Giunta della Regione", sulla situazione sanitaria locale e acquisire "dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria informazioni in ordine all'eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena puo' riprendere la detenzione o l'internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute".

Quanto, invece, alle posizioni di chi è ancora in custodia cautelare, sarà Il pubblico ministero a verificare le motivazioni che hanno portato alla concessione dei domiciliari.

Il decreto reintroduce poi la possibilità per i detenuti, attenuata l'emergenza coronavirus, di poter vedere i propri congiunti una volta al mese. Il governo dispone che "negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni" fino al 30 giugno i colloqui dei detenuti con i congiunti possono essere svolti a distanza "mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica". 

Ma nel decreto si aggiunge anche che i direttori delle carceri, qualora ci fossero le condizioni, possono avviare la ripresa per i colloqui fisici.
Il direttore dell'istituto penitenziario e dell'istituto penale per minorenni stabilisce - si legge nel documento - "il numero massimo di colloqui da svolgere con modalità in presenza, fermo il diritto dei condannati, internati e imputati ad almeno un colloquio al mese in presenza di almeno un congiunto o altra persona". 

Nella seduta il consiglio dei ministri ha anche nominato Bernardo Petralia (attualmente procuratore generale alla corte d'appello di Reggio Calabria) come nuovo capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap).


 

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