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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Mondragone

Finto avvocato si salva dalla condanna grazie alla prescrizione

Coinvolto in tre procedimenti. Restano solo le condanne civili

Condannato dopo tre procedimenti penali avviati per aver esercitato in più occasioni l’attività di avvocato senza possederne i titoli, viene salvato dalla prescrizione. La Corte di Cassazione ha infatti accolto il ricorso, per gli effetti penali, a carico di Vincenzo P., 59 anni, che per diverso tempo si era ‘spacciato’ per avvocato pur non essendo regolarmente iscritto all’ordine. Inoltre aveva anche creato una delibera falsa del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Napoli in cui se ne disponeva l’iscrizione al registro dei praticanti. Ma dopo ben tre procedimenti è stata la Corte di Cassazione a cancellare, con annullamento senza rinvio della sentenza, la condanna a carico del finto avvocato essendo trascorso il periodo necessario per ritenere prescritto il reato.

“Si assume -si legge nelle motivazioni della Quinta Sezione penale di Cassazione - che la Corte territoriale, per non dichiararne la prescrizione, aveva argomentato che il falso si era consumato immediatamente prima del 27 aprile 2010, quando il verbale, artatamente redatto per far risultare il prevenuto iscritto al registro dei praticanti procuratori dell'Ordine degli Avvocati di Napoli, era stato prodotto all'udienza di un processo intentato nei suoi confronti ancora per l'esercizio abusivo della professione. E ciò nonostante che tale verbale risultasse datato al 24 luglio 2007 e, quindi, ipoteticamente formato nel periodo di tempo successivo a quella data e non necessariamente nei giorni immediatamente precedenti la sua produzione in giudizio. Il motivo resta infondato, come aveva rilevato la Corte di merito, perché nel ricorso non si chiarisce la ragione concreta per la quale il prevenuto avrebbe dovuto formare tale verbale, attestante il titolo, in data diversa da quella del suo effettivo utilizzo nel processo, e pertanto il dato rimane congetturale e non consente di seguire, nell'odierno caso concreto, l'orientamento espresso da questa Corte, secondo il quale in tema di prescrizione, l'onere di provare con precisione la data di commissione del reato non grava sull'imputato ma sull'accusa, con la conseguenza che, in mancanza di prova certa sulla data di consumazione, il termine di decorrenza va computato secondo il maggior vantaggio per l'imputato e il reato va ritenuto consumato alla data più risalente”.

Per questo motivo gli effetti della condanna penale vengono annullati, rimanendo in piedi solo quelli della sentenza civile.

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