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Cronaca Casaluce

Le palazzine del clan, Schiavone: "Gli imprenditori riciclavano per nostro conto"

Il business dell'edilizia grazie alla rete di imprese e politici vicini ai Casalesi

Nicola Schiavone svela i retroscena “dell’operazione Casaluce”. Come un fiume in piena il rampollo di casa Sandokan, divenuto collaboratore di giustizia, fa luce su una torbida vicenda riguardante una compravendita di terreni proprio a Casaluce, territorio dell'ex boss Antonio Iovine, anch'egli pentito, con lo scopo di realizzare "numerosi appartamenti". 

Siamo nel 2006 e i riflettori del clan dei Casalesi sono puntati su un affaire immobiliare nei pressi del mobilificio Novarredo. "Vi era un appezzamento di terreno edificabile di proprietà di tale R.G. - ha detto Schiavone jr - al quale noi eravamo interessati. L’acquisto di questo appezzamento era già stato concordato con i Mastrominico, imprenditori del clan Schiavone che riciclavano per nostro conto". I due fratelli Mastrominico, Pasquale e Giuseppe, "avevano concordato l’acquisto di questo appezzamento ovviamente per effettuare poi per nostro conto la successiva speculazione edilizia". 

Un affare ghiotto per il clan che decise di partecipare all’operazione anche economicamente con i loro finanziamenti e non solo facilitando l’iniziativa imprenditoriale con tutti i vantaggi connessi alle percentuali che riconoscevano gli imprenditori che realizzavano l’opera al clan. "L’operazione di Casaluce", come la definisce lo stesso Schiavone, venne ideata nel 2005 e proseguì per circa due anni e vedeva la partecipazione dello stesso Schiavone, di Nicola Panaro e di Antonio Iovine. Garante politico dell'operazione, secondo quanto riferito da Schiavone, era l'ex consigliere regionale dell'Udeur Nicola Ferraro che, grazie ai suoi rapporti col Comune, grarantiva che "tutto sarebbe andato liscio circa i titoli autorizzativi". 

Nicola Schiavone, inoltre, racconta ai magistrati della Dda che si avvalse degli imprenditori Statuto, Nicola e Rodolfo (non indagati formalmente nda), per la fornitura di cemento. "In questo contesto - ha detto ai pm del pool Antimafia partenopeo - recependo la richiesta che mi fu fatta da Rodolfo Statuto direttamente nell'incontro che ebbi con lui e, successivamente, anche da Nicola Statuto attraverso Vincenzo Conte e Nicola Panaro, decisi che una quota delle forniture di cemento fosse fatta proprio da Nicola Statuto. Era il riconoscimento che ritenevo giusto per imprenditori affidabili e puntuali". 

L'affare immobiliare, però, non andò in porto in quanto il proprietario, "che era molto abile", affidò il terreno ad altri imprenditori "dai quali ci fece sapere che aveva ricevuto un'offerta migliore". Schiavone passò la mano ma "mantenemmo fermo che, dovendo l'operazione svolgersi nei nostri territori, le forniture, compresa quella di calcestruzzo, e gli scavi dovevano essere fette dalle nostre imprese e quindi anche dagli Statuto". 

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