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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Omicidio Tondi, la mamma di Emilio in aula: "Noi vogliamo la verità più di tutti"

Assunta Bracciale ha risposto per oltre 7 ore alle domande del pm e degli avvocati. "Ho dubbi su tutti". Poi parla dei rapporti con la nuora, del nervosismo del figlio e dei dialoghi coi parenti. E parla di una strana telefonata tra la vittima e l'imputato

E’ stato un giorno importante nel processo per l’omicidio di Katia Tondi, la giovane mamma uccisa nell’appartamento coniugale nel Parco Laurus di San Tammaro il 20 luglio 2013 e per la cui morte è imputato il marito Emilio Lavoretano di Santa Maria Capua Vetere. Questa mattina dinanzi alla Corte d’Assise del tribunale sammaritano sono comparsi Giovanni Lavoretano ed Assunta Bracciale, rispettivamente padre e madre dell’imputato. Ma mentre il primo ha deciso di avvalersi nella facoltà di non rispondere alle domande, la donna ha scelto di testimoniare, rispondendo per oltre 7 ore alle domande del pubblico ministero Domenico Musto, degli avvocati di parte civile Gianluca Giordano e Rosanna Santoro, e del legale del figlio, Natalina Mastellone.

I rapporti con Katia ed i parenti della vittima

La testimonianza è entrata subito nel vivo dei rapporti tra la suocera e la vittima dell’omicidio. “In 15 anni che ci siamo frequentati - ha risposto la testimone - avremo avuto 2-3 screzi. L’ultimo, me lo ricordo, poco dopo la nascita del bambino, quando Katia rispose male ad una mia domanda. Io non litigai con lei, perché capii, da mamma, il momento che stava passando, col piccolo che dormiva poco e le difficoltà iniziali di una giovane mamma. Così me ne andai da casa loro insieme a mio marito”. E poi aggiunge, rintuzzata dalle domande dell’avvocato Giordano, che le sottopone delle intercettazioni telefoniche con la cugina. “La suocera è meglio che va poco a casa della nuora, si sa. I rapporti sono sempre difficili. Ed io così ho fatto” strappando anche un mezzo sorriso allo stesso avvocato. La Bracciale ha poi negato di aver avuto mai rapporti col padre di Katia, e di averlo visto per la prima volta in obitorio.

Il giorno dell’omicidio ed il giallo del mago

La mamma di Emilio ha ripercorso poi tutti gli eventi di quel tragico 20 luglio 2013, con tutti gli spostamenti ed i contatti avuti col figlio. “Sono rimasta a casa fino a dopo pranzo, quando Emilio ci chiese di vederci la sera per mangiare una cosa insieme. Poi io e mio marito andammo a Santa Maria la Fossa per prendere un po’ di mozzarella e ci fermammo dal ‘famigerato’ Mago Mancino dove dovevamo prendere delle bottiglie di vetro per le conserve”. E proprio sull’incontro col mago si sono soffermati il pm Musto e l’avvocato Giordano, cercando di capire perché, negli interrogatori immediatamente successivi all’omicidio, la donna non ne avesse fatto mai tensione. “Perché - ha spiegato la Bracciale - subito dopo il delitto iniziarono ad uscire notizie che dovevano essere coperte da segreto istruttorio ed io non volevo finire sui giornali perché andavo da un mago. Col quale, in realtà, c’erano rapporti da anni legati ad una nostra volontà di aiutarlo visto che viveva con grandi difficoltà”. Poi arrivò la telefonata della signora Rossi, vicina di casa di Katia ed Emilio, che l’avvertiva che era accaduto qualcosa di brutto: “Pensammo che Katia fosse stata colpita da ischemia, così ci mettemmo in auto e corremmo a San Tammaro. Una volta giunti sul posto, io scesi mentre mio marito parcheggiava l’auto. C’era già l’ambulanza e quando salimmo vedemmo il cadavere di Katia ed Emilio in lacrime che diceva che c’era stata una rapina e che avevano ucciso la moglie”. Ricordi che sembrano colpire la Bracciale che quasi vorrebbe fermare il proprio racconto, ma che poi riprende: “Ho visto il segno che Katia aveva sul collo ed ho capito che era stata ucciso. Le ho toccato il volto, poi sono andata in cucina dove c’era anche Emilio”.

Quei tre uomini fuori al parco ed i "dubbi su tutti" 

Nel corso della sua testimonianza, la mamma di Emilio ricorda poi di aver visto tre uomini presenti vicino ad un cancelletto che collega il parco Laurus all’edificio adiacente, dove vive la sorella. “C’era uno in bicicletta ed un altro scuro di pelle. Li ho notati e li ho anche segnalati successivamente”. Ma non solo: perché Assunta Bracciale ha confermato di avere dubbi su almeno altre tre persone che sono legate, per conoscenza e parentela, alla vittima. “I miei sono dubbi, non certo accuse - specifica-. Ma qualcuno deve essere stato e quel qualcuno dovrebbe essere qui oggi al posto nostro. Perché io sono sicuro che mio figlio non è il colpevole della morte di Katia”. Ed ha aggiunto: “Noi vogliamo la verità, anzi siamo più noi a volerla”.

La ‘pulizia’ della casa ed i capelli trovati dalla mamma

Non sono mancati momenti di tensione, quando si è toccata la delicata vicenda relativa alla pulizia della casa dell’omicidio. “Io non ho mai pulito nulla in quella casa - ha tuonato la Bracciale-. Sono rientrata dopo che la polizia scientifica aveva finito il proprio lavoro e mi è stato detto di rimettere a posto i vestiti di mio figlio che erano a terra. In quel momento mi accorsi della presenza di alcuni capelli lunghi neri e lo segnalai anche alla scientifica. Anche perché né Katia né Emilio né noi avevamo quei capelli”. La testimone ha poi smentito di aver pulito e lavato per terra nell’appartamento. “Ho sentito dire che io avrei lavato a terra, fatto la lavatrice, steso i panni. Smentisco tutto. Io non ho mai fatto nulla di tutto questo”. Ed il discorso poi scivola sull’inquiamento delle prove. “Quando io ho toccato Katia in viso, dopo poco che mi ero resa conto che si fosse trattato di un omicidio, ho capito che avevo inquinato la scena del crimine. Ma poi vidi arrivare poliziotti con le scarpette di ginnastica, in pantaloncini ed ho visto fumare degli agenti sul balcone dell’appartamento. Perché non è stata sequestrata la casa? Perché?”.

La ‘rottura’ con la vicina di Katia

Il pm Musto ha poi incalzato la mamma di Emilio sul racconto di una testimone che ha detto di averla sentita dire “tu dì che il corpo era caldo quando l’hai trovato”. “Non ho mai detto quelle parole” ha ribattuto la donna, che poi ha spiegato anche i motivi della rottura dei rapporti con la vicina di casa di Katia, la signora Rossi: “Vi era già stata una discussione precedentemente al 20 luglio, quando caddero pezzi di intonaco dal balcone e noi volevamo che fosse messo in sicurezza il palazzo mentre lei voleva fare i lavori alla facciata”. Ma la rottura vera dei rapporti avvenne subito dopo l’omicidio. “Mi chiamò mia sorella, che abita di fronte, e mi disse che aveva sentito la signora Rossi ridere a squarciagola con le amiche. Pensai che non aveva avuto un minimo rispetto per una ragazza morta e quel gesto mi portò ad interrompere tutti i rapporti”. Il pm ha provato a rintuzzare la testimone, chiedendo se in realtà tale decisione sia stata presa dopo la testimonianza della vicina che aveva dichiarato che i suoi cani non avevano abbaiato, come solitamente faceva, quando sentiva rumori sul pianerottolo. “Non è per questo - ha risposto la mamma di Emilio-. E poi non credo che si possa basare un processo sull’abbaiare di un cane. Anche io ho avuto un animale: qualche volta abbaiava, qualche volta no”.

Il video di Emilio ‘nervoso’

Nel corso della lunga testimonianza, è stato anche mostrato il frame di un video ripreso mentre Emilio, la mamma ed il padre erano in attesa di essere ascoltati dagli inquirenti. Nel video si vede Emilio bloccare con forza la mamma che vorrebbe ‘velocizzare’ il lavoro e si sente la donna dire: “Non fare così che poi pensano che sei violento”. “Ma lei lo sa che giorno è - ha risposto molto piccata la donna-? E’ il giorno del funerale di Katia e noi fummo prelevato al mattino col funerale alle 15 ed alle 13.30 eravamo ancora lì senza che nessuno ci avesse ascoltato. Ma lei si immagina un marito che deve andare al funerale della moglie e che è ancora bloccato in Questura? Che poi quel giorno fecero partire la salma dall’ospedale senza che Emilio fosse presente, tanto che la stessa fu fatta tornare indietro. Siamo stati maltrattati, neanche i veri criminali vengono trattati così. Ma lei - rivolgendosi al presidente - si rende conto di che giornata infernale?”. Parole che hanno portato il pm Musto ad ammettere una ‘mancata sensibilità’ che però, ha sottolineato, “non voleva essere un affronto a voi”.

La telefonata di Katia ad Emilio sul padre

Quando la ‘palla’ delle domande è passata nelle mani dell’avvocato Mastellone, quest’ultima è voluta tornare sui “dubbi” espressi dalla mamma di Emilio su alcune persone vicine a Katia. “Sia chiaro che io non accuso nessuno - ha risposto - ma quando accadono certe tragedie si provano a mettere insieme tanti tasselli”. E continuando ha affermato di aver messo a fuoco alcuni episodi particolari che hanno riguardato il padre di Katia. Il primo è che, in un’occasione, l’uomo aveva regalato alla figlia reggiseno e mutandina, una cosa molto strana per la Bracciale. “Mio marito non ha mai pensato di fare un regalo del genere alle sue figlie”. Il secondo è una telefonata che la ragazza avrebbe fatto ad Emilio quando l’uomo, prima del matrimonio, si fermò a casa della ex moglie (che era a lavoro) chiedendo di poter fare una doccia perché aveva la caldaia rotta. In casa, secondo il racconto della mamma di Emilio, c’era solo Katia che telefonò all’allora fidanzato affermando che non voleva restare da sola in casa con lui. In realtà, come emerso poi da alcune intercettazioni svelate in aula, Assunta Bracciale aveva già avuto dubbi sul padre di Katia. La donna fu intercettata in Questura mentre raccontava questa cosa al figlio, che di rimando le rispose: “Ma stai scherzando?”, come a dimostrare che non volesse credere ad una ipotesi del genere. “Infatti è un’idea solo mia - ha aggiunto la testimone - perché da mamma a me è apparso troppo strano il regalo ed il fatto che lei non volessero restare da sola in casa col padre”.

Le indagini del consulente e la scelta dell’avvocato

Dubbi sono stati nutriti da parte della Procura anche relativamente ad altre due questioni. La prima relativa alla scelta del professore Lavorino come consulente della famiglia che avrebbe repertato “elementi importanti” nella casa dell’omicidio senza però che si venisse mai a sapere di cosa si fosse trattato. E la seconda relativa alla presenza dello stesso avvocato Mastellone sul luogo dell’omicidio poco dopo che lo stesso era avvenuto. Sulla consulenza di Lavorino, è emerso che i rapporti col consulente sono stati interrotti in quanto vi era la necessità di garantire un fondo spesa per indagini scientifiche che la famiglia, in quel momento, non poteva permettersi economicamente. E che gli stessi reperti che erano stati rinvenuti nell’appartamento al Parco Laurus ed inviati alla Scientifica non sono stati mai analizzati. Sulla presenza dell’avvocato Mastellone sul luogo dell’omicidio, è stato lo stesso legale a chiarire di essere stata avvertita da un suo conoscente che a poca distanza dalla sua abitazione vi era stata un’altra rapina in casa (perché in un primo momento era questa la notizia che circolava in zona, nda) molto simile ad una che aveva subito la Mastellone qualche giorni prima. Specificando, quindi, la sua presenza non era legata alla conoscenza dell’imputato o dei familiari.

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