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Cronaca Capua

“Pentiti credibili” per il killer: la ‘firma’ del clan con la pietra in bocca alla vittima

Rese note le motivazioni della Cassazione su un efferato omicidio dei Casalesi

Lo trovarono morto in una cava di Capua, con una pietra in bocca che, per gli inquirenti, rappresentò subito un chiaro messaggio del clan dei Casalesi. Ma ci sono voluti tanti anni per fare luce sul delitto di Vincenzo Martino, ammazzato il 19 marzo 1998 e rinvenuto cadavere dopo una segnalazione anonima.

Nel commando, secondo la Dda, vi era anche Salvatore Verde, 50 anni di Cesa, che, secondo i collaboratori di giustizia, sarebbe stato colui che ha sparato materialmente, uccidendo la vittima designata perché “parlava troppo”, essendo considerato un confidente delle forze dell’ordine. Per questo motivo Verde fu raggiunto lo scorso anno da un’ordine di carcerazione che è stato confermato sia dal tribunale del Riesame e poi anche dalla Cassazione, che proprio in questi giorni ha reso note le motivazioni.

I giudici capitolini hanno ritenuto attendibile la ricostruzione dei pentiti, in particolare quella di Antonio Iovine ‘o Ninno e Nicola Panaro. Il primo ha affermato di aver indicato lui stesso, durante il summit nel quale si decise l’omicidio, il nome di Verde, indicato quale suo “fedelissimo”; il secondo ha parlato di Verde solo in un interrogatorio nel 2016. Ed in particolare su queste dichiarazioni che ha puntato la difesa di Verde, cercando di smontare l’ordinanza, sottolineando come il nome dell’indagato sarebbe stato “reso noto” da Panaro solo su input degli inquirenti. Tesi che, però, non è stata ritenuta credibile dalla Cassazione che ha bocciato il ricorso, confermando la custodia cautelare per il 50enne.

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