Imprenditore ucciso durante la rapina, il dna incastra il killer

Il dna della vittima sul coltello trovato nell'auto del killer e la morte causata proprio dalle ferite inferte con l'arma bianca. Sono prove che sembrano pesare come un macigno nel processo a carico di Andreas Krebs, l'operaio tedesco ritenuto l'assassino di Massimo Neiviller, l'imprenditore, residente prima a Castel Volturno e poi a Santa Maria Capua Vetere, ucciso nel dicembre del 2016 nel corso di una rapina al suo distributore di benzina sulla Domitiana, a Cellole.

Stamattina dinanzi alla Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere - presieduta dal giudice Napoletano - sono stati ascoltati i consulenti nominati dalla Procura. Prima la genetista Di Nunzio che ha confermato la compatibilità tra le tracce ematiche rinvenute sulla lama del coltello trovato in auto di Krebs con il profilo genetico di Neiviller.

Poi l'equipe di medici legali - Orabona, Maiellaro e Mango - che hanno confermato come le cause della morte siano da collegare proprio alle ferite inferte nel corso della rapina. Anzi, se ancora vi era qualche dubbio, i consulenti hanno chiarito come nelle strutture sanitarie dove la vittima venne trasportata (prima l'ospedale di Sessa Aurunca, poi il Cardarelli ed infine il Monaldi) venne fatto di tutto per salvare la vita a Massimo seguendo correttamente il protocollo medico. Il processo è stato poi aggiornato alla fine di gennaio quando in aula sarà proprio Krebs a difendersi dall'accusa di omicidio. 

Neiviller, i cui familiari si sono costituiti parte civile con l'avvocato Enrico Iascone Maglieri, venne aggredito ed accoltellato da Krebs, difeso dall'avvocato Di Rubbo, nel piazzale del suo distributore di benzina. Tre furono i colpi inferti di cui uno, quello appunto al cuore, rivelatosi fatale.