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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Famiglia ospita i sicari del clan per il duplice omicidio: "Ricompensati con un televisore"

La testimonianza di Massimo Vitolo al processo per il duplice delitto Caterino-De Falco: "Eravamo come a casa nostra"

"C'era un rapporto di fiducia tra il clan e la famiglia Moronese. Certo non avevamo detto loro il motivo della nostra presenza nella loro abitazione ma loro sapevano benissimo chi eravamo e cosa facevamo. Quella casa poi noi la utilizzavamo anche per intimorire qualche imprenditore che non voleva pagare o riscuotere le estorsioni che finivano nelle casse del clan".

Sono le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Massimo Vitolo nel processo che si sta celebrando dinanzi alla Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere, presieduta dal giudice Roberto Donatiello con a latere Honoré Dessi per la morte di Sebastiano Caterino, ucciso insieme a suo nipote Umberto De Falco il 31 ottobre 2003 in via dei Romani, a Santa Maria Capua Vetere. Alla sbarra ci sono Corrado De Luca, luogotenente del boss Antonio Iovine, accusato di concorso esterno in omicidio poiché avrebbe preso parte ad un appostamento finalizzato ad eliminare Sebastiano Caterino, e la famiglia Moronese (Sandro, Agostino e Raffaelina Nespoli) che avrebbe fornito al gruppo di fuoco la propria abitazione per compiere il duplice omicidio.

"Gli appostamenti presso l'abitazione della famiglia Moronese sono durati un paio di mesi ed i gruppi di partecipanti non erano mai gli stessi. Stavamo lì al mattino o nel pomeriggio o comunque tutto il tempo che occorreva e la zia (Raffaelina Nespoli) ci portava l'acqua ed il caffè. Quella casa venne scelta proprio perché distava circa 150 metri da quella di Sebastiano Caterino. Era talmente vicina che alcuni dei capiclan pensarono di uccidere Sebastiano Caterino con una carabina posizionata sul terrazzo. Un'idea che poi riflettendoci bene non era poi così fattibile e si scelse il metodo classico".

Il pentito Vitolo escusso dal sostituto procuratore Simona Belluccio della Dda partenopea ha chiarito che c'era una fattiva collaborazione della famiglia Moronese ai vari gruppi del clan che si avvicendavano presso la loro abitazione per l'esecuzione dell'efferato duplice omicidio. Il portone a volte era aperto e altre volte ci apriva Agostino Moronese. Ci comportavamo come se fossimo a casa nostra. Quando entravamo nel cortile con le auto utilizzate poi per l'omicidio le armi lunghe le lasciavamo sui sedili anteriori e posteriori. Erano visibili e noi comunque ci sentivamo tranquilli perché ci fidavamo di quella famiglia".

Una 'fiducia' che secondo il racconto del pentito si estrinsecò in due episodi: il regalo di un Fucile M12 per 'iniziare' Agostino alle armi, per "insegnargli" a sparare, e la consegna di un televisore 50 pollici a mo' di "pensiero" per la collaborazione e la "buona riuscita" del duplice omicidio.

Nel corso dell'udienza è stato escusso il collaboratore di giustizia Salvatore Laiso che ha confermato lo stretto rapporto degli uomini del clan con la famiglia Moronese. "Lì dentro cercavamo sí di non dare fastidio ma entravamo ed uscivamo come a casa nostra". Laiso ha poi chiarito che all'omicidio di Sebastiano Caterino e Umberto De Falco "hanno partecipato tutti gli esponenti delle varie fazioni del clan" e che come premio gran parte dei partecipanti hanno ricevuto "il rito della pungitura che è durato più giorni per non destare troppi sospetti per le continue riunioni" o  "un premio in denaro" o " la promessa di esser messi a stipendio dal Clan". Si torna in aula nel mese di settembre per l'escussione dei testi di PG .

Secondo quanto ricostruito dalla Dda verso le 11,40 del 31 ottobre del 2003 vennero crivellati con 50 colpi di arma da fuoco Sebastiano Caterino e suo nipote Umberto De Falco a bordo di una Volkswagen Golf GTI condotta da Caterino. La marcia della vettura venne arrestata da due Alfa Romeo una guidata da Enrico Martinelli e l'altra a bordo della quale c'era il commando killer a cui avrebbero preso parte Pasquale Spierto e Bruno Lanza (che hanno proceduto con rito abbreviato) che esplose 50 colpi di arma da fuoco (37 proiettili calibro 5,56 e 13 calibro 12) all'indirizzo delle vittime.

Per Caterino non ci fu scampo: morì crivellato di colpi. Il nipote Umberto De Falco venne ferito gravemente per poi morire qualche ora dopo l'agguato in ospedale. L'ordine di condanna a morte per Sebastiano Caterino e suo nipote avvenne dalla cupola casalese ovvero da Antonio Iovine, Michele Zagaria, Giuseppe Caterino, Francesco Schiavone alias Cicciariello che hanno proceduto per la medesima imputazione con rito abbreviato insieme a Giuseppe Misso, Nicola Panaro, Bruno Lanza, Enrico Martinelli, Claudio Giuseppe Virgilio.

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Paolo Raimondo, Giuseppe Stellato, Domenico Della Gatta per gli imputati; Giuseppe Conte, Carlo Iorio, Mauro Iodice per le costituite parti civili.

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