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Cronaca Casal di Principe

Le accuse al cugino capoclan non bastano, bocciato il ricorso bis di ‘Cicciariello’

Per la Cassazione non servono per evidenziare “una collaborazione o dissociazione dal clan”

Ha tirato in ballo il cugino capoclan, raccontando ai magistrati di una lettera nella quale si annunciava la volontà di commettere un omicidio, ma questo non basta per vedersi riconoscere la “collaborazione” o quantomeno una “dissociazione vera” dal clan dei Casalesi.

Sono queste le motivazioni che hanno spinto i giudici della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione a respingere il ricorso bis presentato da Francesco Schiavone Cicciariello, cugino di Sandokan, attualmente recluso in carcere. Il boss aveva già presentato ricorso in Cassazione che, nell’ottobre scorso, era stato accolto (con rinvio degli atti al Riesame) relativamente all’indagine per l’omicidio di Giuseppe Quadrano, avvenuto il 7 luglio 1996 a San Cipriano. Ma dopo 8 mesi (ed un nuovo giudizio in secondo grado) la situazione è cambiata. Stavolta, infatti, la Cassazione ha respinto il ricorso, sottolineano come le accuse rivolte a Francesco Schiavone Sandokan che gli annunciava l’omicidio in una lettera non bastano, “perché ha accusato una persona già in carcere, raggiunta già da condanne all’ergastolo”.

“La presunzione di pericolosità sociale - scrivono ancora i giudici - può essere superata solo quando dagli elementi a disposizione del giudice emerga una univoca e concreta situazione che, pur in mancanza di una definitiva rescissione del vincolo associativo, dimostri l’effettivo e irreversibile allontanamento dell’indagato dal gruppo criminale, con la conseguente carenza delle esigenze cautelari”. Ed appare chiaro che, questo, per Cicciariello, non è avvenuto.

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