rotate-mobile
Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Cesa

Assolto dopo 4 anni e mezzo agli arresti, ma i giudici gli negano il risarcimento

Insieme al 'capo' fecero scomparire 1,6 milioni di euro dalle casse di una società per la quale gestivano la contabilità. E nella lite spuntò anche un boss dei Casalesi

Ha trascorso quattro anni e mezzo agli arresti (prima in carcere, poi ai domiciliari) prima di essere assolto per “insussistenza del fatto” ed ha quindi deciso di presentare richiesta di riparazione per ingiusta detenzione che però è stata respinta prima dalla Corte d’Appello ed infine dalla Cassazione. Ma la storia che ha visto coinvolto il 41enne A. G. D. G. ha fatto molto scalpore in tutto l’agro aversano ed ha coinvolto anche un boss del clan dei Casalesi. 

La vicenda nasce quando dalle casse dell’Euroservice scompaiono circa 1,6 milioni di euro e lo stesso D. G., che curava i conti dell’azienda insieme ad A.M.. Il ragioniere, che secondo quanto ricostruito dai giudici, nello stesso periodo degli ammanchi, riuscì ad acquistare circa 23 immobili in provincia di Caserta, se ne assunse parzialmente le colpe, senza tirare in ballo il suo “capo” al quale però chiese di coprire parte della somma che, a suo dire, avevano distratto insieme. 

Ma proprio qui nascono i problemi: perché secondo quanto ricostruito giudiziariamente dalla Corte d’Appello, A.M. non volle pagare al punto che D.G., secondo l’accusa del suo “capo” chiamò un boss dei Casalesi per farsi aiutare a recuperare le somme. Da qui nasce l’accusa a carico di D.G. di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose che poi, però, si scopre non “sussistere” in quanto i due ‘contabili’ dell’Elettroservice avevano insieme distratto i soldi.  In realtà emerse altro: cioè che a chiamare il boss fu proprio A.M. e che l'esponente dei Casalesi poi diventò carnefice di entrambi, che furono costretti a pagare anche le estorsioni a lui. Praticamente un incubo nell'incubo per D. G.

Ma il fatto di essere stato assolto dall’accusa, non è servito a D.G. per ottenere il risarcimento per ingiusta detenzione. Perché, come hanno messo nero su bianco i giudici della Corte di Cassazione, “dolosa deve giudicarsi non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, ma anche a condotta consapevole e volontaria che sia tale da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo”. Quindi l’essenza del dolo sta, per i giudici, “nella volontarietà e consapevolezza della condotta con riferimento all’evento voluto, non nella valutazione dei relativi esiti, circa i quali non rileva il giudizio del singolo, ma quello del giudice del procedimento riparatorio”. 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Assolto dopo 4 anni e mezzo agli arresti, ma i giudici gli negano il risarcimento

CasertaNews è in caricamento