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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Santa Maria Capua Vetere

Allarme assistenza in carcere, detenuto stroncato da malore a 46 anni

Il Sappe denuncia le difficoltà: "Penitenziari sembrano moderni lazzaretti". Avvocati e Garante si preparano ad ispezione dopo 'rivolta'

Emergenza assistenza sanitaria in carcere. A Santa Maria Capua Vetere un detenuto di 46 anni, ristretto ad Alta Sicurezza nel reparto Tamigi, è morto per un probabile infarto. Lo rende noto il Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria (Sappe) attraverso il delagato sindacale al penitenziario sammaritano Vincenzo Berrini. 

"Intervento agenti non basta a salvargli la vita"

"Il pur tempestivo intervento dei nostri Agenti di Polizia Penitenziaria di servizio non ha purtroppo impedito la morte del detenuto - si legge in una nota del Sappe - La situazione sanitaria nelle carceri resta allarmante, come hanno anche confermato in più occasioni anche gli esperti della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria: altro che emergenza superata". 

In una nota il segretario generale del sindacato Donato Capece ricorda che secondo un rapporto su "Salute mentale e assistenza psichiatrica in carcere" del Comitato nazionale per la bioetica, osservando le tipologie di disturbo prevalenti sul totale dei detenuti presenti, al primo posto ci sono la dipendenza da sostanze psicoattive (23,6), disturbi nevrotici e reazioni di adattamento (17,3%), disturbi alcol correlati (5,6%). A seguire piccole percentuali per i disturbi affettivi psicotici (2,7%), disturbi della personalità e del comportamento (1,6%), disturbi depressivi non psicotici (0,9%), disturbi mentali organici senili e presenili (0,7%), disturbi da spettro schizofrenico (0,6%). Analizzando le diagnosi per genere, prevale tra gli uomini la diagnosi di dipendenza da sostanze psicoattive (50, 8% degli uomini e 32,5% delle donne), e tra le donne la diagnosi di disturbi nevrotici e reazioni di adattamento (36,6% delle diagnosi femminili e 27,1% delle diagnosi maschili). Arrivano dopo, fra gli uomini, i disturbi alcol correlati (9,1% degli uomini e 6,9% delle donne), e fra le donne i disturbi affettivi psicotici (10,1% delle donne e 4,1% degli uomini), i "disturbi della personalità e del comportamento (2,4% degli uomini e 3,4% delle donne), disturbi depressivi non psicotici (1,3% degli uomini e 2,8% delle donne)".

Carceri come moderni lazzaretti

Le carceri - conclude Capece - assomigliano sempre più a moderni lazzaretti di manzoniana memoria. Ed allora va detto una volta di più, con chiarezza e fermezza, che la tutela e la sicurezza del personale di polizia penitenziaria in servizio presso gli istituti detentivi devono sempre rappresentare il fondamento di qualsivoglia riforma penitenziaria, atteso che le donne e gli uomini del Corpo svolgono una funzione essenziale per conto della comunità, prodromica alla sicurezza dei detenuti e di quanti altri sono presenti negli istituti: e ciò rafforza la denunzia di cui da sempre il Sappe si fa portatore in ogni contesto istituzionale. Ovvero, proprio la trasfigurazione in moderni lazzaretti che hanno assunto, ormai da molti anni, le nostre carceri per le costanti e continue emergenze sanitarie", conclude.

La visita

Intanto nella giornata di lunedì è in programma al carcere di Santa Maria Capua Vetere una visita a cui parteciperanno il garante dei detenuti Samuele Ciambriello, la presidente di 'Nessuno tocchi Caino' Rita Bernardini, il Dipartimento Carceri del Movimento Forense coordinato da Alessandro Gargiulo, gli avvocati delle Camere Penali di Santa Maria Capua Vetere e Napoli Nord.

"La visita - si legge in una nota - si è resa necessaria al fine di valutare, in presenza, le condizioni in cui versa il Carcere di Santa Maria Capua Vetere ove il 6 aprile 2020 si consumarono i pestaggi per i quali è tuttora in corso un dolorosissimo processo; purtroppo, da quel nefasto giorno, nulla sembra essere cambiato in meglio, tant’è che dei 68 suicidi in carcere del 2023, ben tre si sono tristemente verificati proprio al ‘Francesco Uccella’, l’ultimo il 20 dicembre 2023. Come se non bastasse, il 3 gennaio 2024 gli organi di stampa hanno titolato ‘Rivolta in carcere' e lo hanno potuto fare grazie all’ultimo ‘pacchetto sicurezza’ che ha aggravato oltre modo la posizione del detenuto, introducendo appunto il ‘reato di rivolta’, ennesima nuova ipotesi di reato", conclude. 

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