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Cronaca Marcianise

Chieste 7 condanne per la morte di Maria

Per il pubblico ministero il decesso della donna causato dalla superficialità dei medici

Negligenze gravi da parte di professionisti di strutture pubbliche che hanno causato la morte di Maria Ammirati, la ragazza di Marcianise deceduta a 36 anni dopo l'aborto ed un'odissea tra gli ospedali di Caserta e Marcianise. Un "nesso causale evidente", ad avviso della Procura sammaritana, tra la scomparsa prematura della donna e le omissioni e le "diagnosi aberranti" fatte nei due nosocomi che non hanno individuato i veri motivi del dolore addominale della giovane, "una banale infezione", provocandone la morte "nel fiore degli anni ed in quello che doveva essere un periodo di gioia".  

Sono queste le conclusioni del pubblico ministero Regine che ha invocato 4 anni ciascuno per Nicola Pagano, il ginecologo di fiducia della giovane, Maria Tamburro, Maria GolinoLuigi Vitale, Carmen Luigia De Falco, Andrea Fusco e Pasquale Parisi. Una requisitoria lunga, durata circa un'ora, quella tenuta oggi dalla pubblica accusa dinanzi al giudice Orazio Rossi in cui la Procura ha ricostruito accuratamente la vicenda.

La ricostruzione di un'odissea

La ricostruzione del pm è iniziata a partire dal 14 giugno del 2012 quando Maria Ammirati si reca dal ginecologo Pagano per un intervento di amniocentesi in seguito al quale la donna inizia a soffrire di forti dolori addominali. Sintomi che la spingono a recarsi all'ospedale di Caserta dove le viene diagnosticata una colica renale venendo così dimessa. 

I dolori proseguono e così la giovane contatta il suo ginecologo Pagano che "senza visitarla - ha detto il pm - conferma subitamente la diagnosi e le prescrive dello Spasmex". Il giorno successivo Maria si reca all'ospedale di Marcianise dove "finalmente viene acclarata la perdita di liquido amniotico e la morte del feto". L'infezione provoca nella donna una neuropenia (carenza di globuli bianchi) che i medici associano ad una presunta leucemia. Una patologia non curabile a Marcianise e così la giovane firma le dimissioni dall'ospedale e si reca nuovamente all'ospedale di Caserta dove arriva alle 20,15, in condizioni già gravissime.

"Non hanno fatto nulla per salvarla"

Secondo il pm nelle due strutture "erano consapevoli dell'intervento di amniocentesi ma diagnosticano prima una colica renale, poi una presunta leucemia. Se avessero fatto immediatamente una cura antibiotica e svuotato l'utero della donna dal feto morto probabilmente avrebbero salvato la vita della ragazza. Si tratta di strutture pubbliche, di ospedali di tutti e di professionisti. Non è possibile - ha tuonato il pm - che nessuno abbia associato lo stato della donna all'intervento di amniocentesi, non è possibile che anche con una diagnosi di colica renale, una diagnosi aberrante, su una donna in stato di gravidanza che lamenta dolori addominali non siano stati fatti approfondimenti".

Inoltre, sempre secondo la Procura, anche al secondo arrivo all'ospedale di Caserta "non è stato fatto ciò che andava fatto: svuotare l'utero e dare antibiotici nonostante Maria abbia comunicato ai medici tutti gli elementi per comprendere la situazione".

"Maria è morta per la superficialità dei medici"  

Per il pm Regine sussiste "il nesso causale tra la negligenza dei medici e la morte della ragazza e non sono convincenti le cause alternative addotte dalla difesa. Lo dimostra il fatto che quello che andava fatto è stato fatto con colpevole ritardo. La ragazza andava liberato dal feto che era l'epicentro dell'infezione. Arriva in ospedale alle 20,15 e viene sottoposta ad una prima visita ginecologica alle 2,30. Materialmente l'espulsione del feto morto viene fatta alle 5,30 prima dell'intervento chirurgico che poi ha avuto un esito infausto. La superficialità di tutti i medici ha causato la morte", ha concluso il pm.

Dopo la requisitoria sono state le parti civili con gli avvocati Gabriele Amodio ed Enrico Accinni a prendere la parola. Tra i difensori degli imputati, invece, ci sono gli avvocati Luca Tornatora, Giuseppe Foglia, Vittorio Giaquinto, Paolo Sperlongano ed Isabella Casapulla

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