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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Casal di Principe

La 'ndrangheta offre ai Casalesi i lavori per Expo

Donadio racconta il retroscena, i rapporti con la mafia e gli inizi come guardiano per Schiavone

Rapporti con i Casalesi nel cui nome operava nel Veneto imponendo il pizzo, truffe ed usura ma anche rapporti con la mafia siciliana e la ndrangheta. Luciano Donadio, il 43enne ritenuto a capo della costola lagunare del clan di Casal di Principe, riusciva a mettere d'accordo tutti per il suo essere disponibile o, come lui stesso ammette in una conversazione con una donna, essere "amico degli amici".

Proprio quella conversazione, intercettata dagli inquirenti, assume un rilievo investigativo molto importante per delineare il profilo criminale trasversale di Donadio che racconta prima la presa del potere in Veneto a scapito dei gruppi locali. "Questi erano di Eraclea mare. Che poi siamo diventati diciamo amici ma falsi però. Perche avevano paura quelli di noi. E lì è cominciato che noi Casalesi abbiamo cominciato a comandare dappertutto qua. Ci ho messo cinque mesi per fare il dominio assoluto. Ma son bastati un un paio, un paio di (batte un colpo) ... già dominio assoluto", dice alla sua interlocutrice.

Ma quel che emerge dalla conversazione, come detto, è la trasversalità di Donadio che ammette di avere rapporti sia con la mafia ma anche con la ndrangheta ed in particolare con "una famiglia potente di Isola Capo Rizzuto in Calabria. Comandano a Torino, a Milano. E loro a me mi rispettano così. Loro volevano farmi fare tutti i lavori di Expo a Milano". Proposta che Donadio avrebbe rifiutato "perchè non voglio niente da nessuno". 

Sempre nelle conversazioni Donadio sostiene di aver lavorato a Casal di Principe per il gruppo Schiavone: "Se c'è lavoro giù è perchè lo creano questi boss qua. Io ho lavorato giù, ho fatto il guardiano dove buttavano la frutta che era in più, in esubero e poi la mettevano sotto terra con i trattori. Io sono stato il guardiano dello scavazzo di Schiavone. Guadagnavo e mi pagavano bene. Per me era meglio stare con qiuelli che stare con lo Stato". 

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