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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Casapesenna

Accusato di essere un imprenditore di Zagaria: difesa smonta il teorema della Dda

L'Antimafia ha chiesto per Diana 12 anni di carcere. Circolarità delle indagini nel mirino del legale

Indagini circolari che sono tornate al punto di partenza. E' quanto ha evidenziato l'avvocato Guido Diana nel corso della sua arringa per Giuseppe Diana, imprenditore accusato di associazione di stampo mafioso ed in particolare di far parte della fazione guidata da Michele Zagaria del clan dei Casalesi. 

L'avvocato Diana, nel corso della sua lunga discussione, ha ribadito come il suo assistito fosse stato già coinvolto nel 2015 nell'inchiesta Jambo per la questione delle slot machine gestite da alcuni suoi familiari. L'ordinanza venne annullata dal Riesame per "insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza" e la posizione di Diana venne stralciata dall'inchiesta (formalmente non c'è ancora alcun provvedimento di archiviazione).

Successivamente, il nome di Diana figura tra quelli al centro di un'indagine della Dda di Firenze su un giro di false fatture. In virtù del suo coinvolgimento nell'indagine Jambo, a Diana era stata contestata l'aggravante dell'agevolazione al clan dei Casalesi. In altri termini, per la Dda le false fatture avrebbero permesso di riciclare i soldi del sodalizio criminale. Ma prima è caduta l'aggravante - con la decisione prima della Cassazione poi confermata al Riesame - poi c'è stata l'assoluzione. 

Nel frattempo la Dda di Firenze ha inviato una nota a quella di Napoli in cui veniva segnalata anche l'intromissione di Diana in vicende politiche, con il sostegno ad un candidato alle Europee del 2019. Vicenda per la quale la Dda di Napoli non si procede (almeno per ora) ma che è finita - ripescando la prima indagine - in una seconda ordinanza in cui si contesta a Diana - marito di una nipote del boss Zagaria - la partecipazione al clan dal 2009 al 2020. Una tesi sostenuta dalle dichiarazioni sopravvenute di alcuni collaboratori di giustizia tra cui Michele Barone, Mario Iavarazzo e Francesco Zagaria. Una tesi per la quale la Dda ha invocato la condanna a 12 anni. 

Ad avviso della difesa, però, nulla è cambiato e nessun nuovo elemento di rilievo è riscontrabile nelle dichiarazioni dei "nuovi" collaboratori di giustizia che hanno riferito sul conto di Diana e che, comunque, si attestano sempre a fatti del 2011. Il difensore ha ribadito una circolarità delle indagini svolte sul conto di Diana che avrebbero portato ad una ingiustificata proiezione nel tempo delle sue condotte con contestazioni a catena del tutto indimostrate in quanto prive di un un compendio indiziario comprovante una intranietà dello stesso al clan Zagaria addirittura dal 2009 al 2020. 

Si torna in aula a inizio aprile per l'arringa dell'altro difensore, l'avvocato Sabato Graziano. Poi sarà sentenza. 

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