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Cronaca Casapesenna

"Trattamento disumano in carcere". La Cassazione dà ragione al fratello di Zagaria

Atti rispediti al tribunale di sorveglianza per una nuova decisione sul reclamo

Non permettere ad un detenuto, seppur ristretto al regime del carcere duro (il cosiddetto “41bis”) di svolgere le fisioterapie per la spalla malconcia, può creare un “pregiudizio da detenzione inumana o degradante”. Anche se quel detenuto è il fratello del capoclan dei Casalesi Michele Zagaria. E’ quanto ha messo nero su bianco la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso presentato da Pasquale Zagaria, 58 anni, detenuto nel carcere di Sassari, e rinviando gli atti al tribunale di sorveglianza della città sarda.

Il problema è legato all’impossibilità da parte di Zagaria (che sta scontando una pena definitiva a 20 anni di carcere, di cui 11 già trascorsi) a svolgere fisioterapia in carcere e che per questo aveva presentato reclamo al tribunale di Sassari lamentando, appunto, “l’inumana detenzione”. Ricorso che era stato respinto e che è finito in Cassazione. E qui le cose sono andate diversamente, perché gli ermellini hanno ritenuto sussistenti le doglianze del fratello di Michele Zagaria disponendo l’annullamento dell’ordinanza del tribunale dei Sassari con rinvio allo stesso per un nuovo esame.

I giudici capitolini hanno sottolineato come Pasquale Zagaria abbia posto “essenzialmente un tema in diritto, rappresentato dalla rilevanza di una prolungata in attuazione di un presidio terapeutico ritenuto necessario per la cura di una particolare patologia di cui è portatore”. Ed in tale ottica “la doglianza è ammissibile e va valutata nel merito” e non in punta di diritto, come, invece, era stato fatto dai giudici del tribunale di sorveglianza. E sempre lo Cassazione ribadisce che “la violazione dei contenuti della Convenzione Europea può determinarsi in virtù di condotte di inosservanza, da parte dell’amministrazione penitenziaria, dei diritti fondamentali della persona umana, sottoposta al trattamento rieducativo, la cui individuazione ed il cui livello di gravità va apprezzato concreto”. E nel caso di Pasquale Zagaria, “la parte ha inteso prospettare nel reclamo la rilevanza di una specifica questione in sede di qualificazione dell’offerta trattamentale come ‘non conforme’ a quanto stabilito dall’articolo 3 della Convenzione europea, rappresentando l’incidenza di tale omissione al fine di ritenere integrato il trattamento vietato dalla legge perché inumano o degradante”.

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