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Cronaca Casal di Principe

CAMORRA Colpo di scena, in 3 rischiano l'arresto "bis"

Accolto il ricorso della Dda per Puocci, Iorio e Parisi: atti al Riesame

Estorsioni per conto del clan dei Casalesi. Per questo motivo rischiano l'arresto bis Luigi Iorio, 56 anni di Aversa, Cesare Puocci, 58 anni di Casal di Principe, e Vincenzo Parisi, 30 anni nato a Napoli. La Corte di Cassazione, infatti, ha accolto il ricorso della Procura Antimafia che si è opposta all'ordinanza del Tribunale del Risame che aveva, alla fine di maggio, annullato l'ordinanza di custodia cautelare a carico dei tre.

Puocci e Iorio, difesi dagli avvocati Alessandro Diana e Carlo De Stavola, sono indagati insieme a Corrado De Luca - l'ex braccio destro del boss Antonio Iovine alias 'o Ninno, oggi collaboratore di giustizia - di aver costretto un imprenditore a versare somme di denaro con la minaccia derivante dalla forza intimidatrice del clan.

In particolare "numerosi collaboratori di giustizia, hanno reso precise e specifiche dichiarazioni circa il ruolo ricoperto da Iorio all'interno dell'associazione - scrivono i giudici della Cassazione - Le circostanze che Iorio fosse stabilmente inserito nel clan e che si occupasse della riscossione delle estorsioni, infatti, sono significative e devono essere considerate nella valutazione complessiva circa le modalità con le quali gli indagati chiedevano con insistenza - alla vittima - di versare una somma di denaro".

Dichiarazioni dei collaboratori che sono riferite a Iorio ma non a Puocci, "la cui posizione, per i contatti avuti e le conversazioni intercorse, appare strettamente connessa" a quella dello stesso Iorio, concludono i giudici della Cassazione.

Diversa la posizione di Parisi - difeso dall'avvocato Raffaele Mascia e per cui il procuratore generale ha invocato l'inammissibilità del ricorso della Procura - che avrebbe costretto la persona offesa a pagare il noleggio di un'autovettura ed a corrispondergli delle somme, sia con versamenti in contanti che facendosi ricaricare una carta Poste Pay. In tutte le occasioni l'indagato, tra l'altro, si sarebbe avvalso della forza intimidatrice che promana dal "clan dei casalesi".

Le richieste, secondo quanto confermato dalla persona offesa ai magistrati, sarebbero state avanzate nell'interesse dei "compagni carcerati". I giudici del Riesame, secondo la Cassazione, non avrebbero tenuto "nel dovuto conto il contesto complessivo nel quale i fatti sarebbero stati commessi e le peculiari modalità intimidatorie che spesso caratterizzano le condotte degli appartenenti alle associazioni a delinquere di stampo mafioso, ovvero delle persone a queste contigue. In tali situazioni il messaggio intimidatorio, qualora l'associazione abbia raggiunto una forza intimidatrice tale da rendere superfluo l'avvertimento mafioso, sia pure implicito, può essere addirittura "silente", cioè privo di richiesta, ovvero senza fare alcun ricorso a specifici comportamenti di violenza e minaccia". Circostanze con cui il Riesame non si sarebbe confrontato.

Per questo la Cassazione ha annullato l'ordinanza e disposto un nuovo rinvio degli atti al Riesame per rivalutare sui provvedimenti cautelari disposti dal gip napoletano e poi revocati dal Tribunale delle Libertà.

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