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Cronaca Sessa Aurunca

Assolto dall'accusa di estorsione, ora il 'presunto complice' chiede la revisione del processo

Di Marco aveva patteggiato; Di Lorenzo invece è stato riabilitato dai giudici d'Appello

Ci sono voluti 12 anni per rendere giustizia a Giovanni Di Lorenzo, che aveva tentato di essere assunto presso la Cleprin di Sessa Aurunca ed essere stato invece scambiato per camorrista. Ma ironia della sorte il suo presunto complice avendo optato per il patteggiamento è stato invece condannato per un fatto che, hanno decretato i giudici di appello, “non costituisce reato”. Naturalmente, come si potrà agevolmente dedurre, questa decisione avrà un effetto domino. Ci sono già stati risultati in tal senso. E’ in atto una revisione del processo che ha visto condannato Arturo Di Marco, funzionario del comune di Sessa Aurunca. 

A Giovanni Di Lorenzo e Arturo Di Marco fu contestato all’epoca il reato di estorsione aggravata col metodo mafioso, poiché in “concorso ed unione tra loro, con violenza e minaccia consistita nell’avvalersi della forza di intimidazione propria dell’associazione camorristica denominata ‘clan Esposito’ o dei ‘Muzzoni’ compivano atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere Franco Beneduce e Antonio Picascia, soci della ditta Cleprin che si occupa della produzione di commercializzazione all’ingrosso di detersivi, ad assumere presso la ditta da essi gestita Giovanni Di Lorenzo dietro pagamento di uno stipendio mensile di almeno 1000 (mille) euro per procurarsi un ingiusto profitto con l’altrui danno patrimoniale non riuscendo nell’evento per cause indipendenti dalla sua volontà.

Di Marco e Di Lorenzo vennero arrestati, i loro beni sequestrati prima e confiscati poi, (per la verità solo quelli di Di Marco, Di Lorenzo non aveva nulla), la loro vita rovinata. Nel 2011 (dopo 4 anni dal fatto) viene celebrato il processo presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere e Giovanni Di Lorenzo viene assolto “perché il fatto non costituisce reato”, con un giudizio a dir poco sconcertante. Il Di Marco, all’epoca aveva patteggiato (a dire dei suoi legali solo per uscire dalla costrizione carceraria ma questo non importa), una pena ad un anno e sei mesi con tutto il relativo corredo di licenziamento, confisca dei beni, sorveglianza speciale. Di Lorenzo, invece, aveva preferito farsi processare con rito ordinario e venne assolto. Il Tribunale ha sentenziato che il fatto, non solo non è aggravato dalla matrice mafiosa, non solo non è aggravato da un qualsiasi vincolo associativo, ma, non costituisce neanche reato.

La sentenza, impugnata dalla Procura, è stata nello scorso mese di marzo pienamente confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Napoli (Presidente, Eugenio Giacobini; consigliere relatore, Cinzia Apicella; consigliera, Federica De Maio; Pubblico Ministero, Procuratore Generale, Giuseppe Tittaferrante) ed è divenuta, nel frattempo definitiva. Di Lorenzo era difeso dall’avvocato Luigi Mordacchini. Ovviamente Di Marco ha dato il via alla procedura per una revisione del suo processo, in conseguenza della apparentemente inconciliabile contraddizione con quello del suo correo Di Lorenzo, preannunciando, in caso positivo, una richiesta di risarcimento. Di Marco è stato difeso dall’Avvocato Luigi Iannettone.

Ma la cosa non finisce qui. E’ al vaglio infatti degli inquirenti un esposto circostanziato (inviato peraltro anche alla Presidenza della Repubblica, al C.S.M., ai Ministri dell’Interno e della Giustizia, ai Procuratori di S. Maria C.V. ed Isernia, a don Luigi Ciotti di Libera,  al T.A.R. Campania, ai Sindaci di Sessa Aurunca e Carinola, al Commissariato di P.S. di Sessa Aurunca, al Comando Carabinieri, alle redazioni dei giornali ed alla redazione de “Le Iene”) con il quale si evidenziano condotte  “illecite” che sarebbero state promosse dopo l'indagine su Di Lorenzo e Di Marco.

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