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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Marcianise

Droga dei Belforte, svolta al Riesame per 3 indagati

Di Gaetano e Zarrillo agli arresti domiciliari. L'autotrasportatore Farro completamente libero

Arresti domiciliari per Giuseppe Di Gaetano e Antimo Zarrillo, coinvolti nell'inchiesta della Dda di Napoli sulla droga dei Belforte, estorsioni, usura ma anche le minacce al pentito Claudio Buttone che ha portato a 28 misure cautelari (16 in carcere, 7 agli arresti domiciliari e 5 all’obbligo di presentazione alla p.g.) eseguite dalla Compagnia Carabinieri di Marcianise.

È quanto disposto dall'Ottava Sezione del Riesame del tribunale di Napoli dopo aver accolto l'istanza dei difensori dei due indagati Peppe Foglia (per Di Gaetano) e Andrea Piccolo ( per Zarrillo). Torna libero, invece, Carmine Farro, autotrasportatore incensurato che era sottoposto all'obbligo di presentazione alla pg. Il Riesame ha accolto il ricorso del suo legale, l'avvocato Pasquale Acconcia.  

Gli indagati sono gravemente indiziati dei reati di associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, nonché di numerosi episodi di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti aggravati dal metodo mafioso, facente capo al clan denominato “Belforte” o anche detto “Mazzacane”.

Alcune delle persone colpite dal provvedimento cautelare avrebbero commesso, inoltre, estorsioni, usura, ricettazione, riciclaggio, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e induzione di falso in atto pubblico. In particolare avrebbero cercato di combinare un falso matrimonio tra un cittadino italiano ed una cittadina straniera previo compenso, con lo scopo di far ottenere il permesso di soggiorno e successivamente la cittadinanza italiana.

Infine, c'è l'accusa di oltraggio alla giustizia, perché Giovanni Buonanno avrebbe minacciato reiteratamente Claudio Buttone, collaboratore di giustizia, utilizzando nei confronti della persona offesa l’influenza criminale e la conseguente condizione di assoggettamento omertoso derivante dal “clan Belforte”. Tale condotta veniva posta in essere al fine di indurre lo stesso Buttone a rendere false dichiarazioni nell’ambito del dibattimento che si stava svolgendo dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Napoli in relazione all’omicidio di Andrea Biancur, nel quale Giovanni Buonanno era imputato.

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