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Cronaca Maddaloni

Ha provato ad inquinare le prove, resta in cella la moglie del carabiniere

La Cassazione conferma il carcere per Emilia D'Albenzio: "Ha suggerito alla figlia di prelevare appunti dall'ufficio del marito"

Resta in carcere Emilia D'Albenzio, la moglie del carabiniere di Casagiove Lazzaro Cioffi - in servizio a Castello di Cisterna - e nipote del boss Clemente D'Albenzio detto 'o Faraone. E' quanto ha deciso la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso della 51enne, coinvolta insieme al marito in un'inchiesta sul traffico di stupefacenti a Caivano ed indagata per riciclaggio, intestazione fittizia di beni e traffico internazionale di droga.

D'Albenzio si era rivolta alla Suprema Corte impugnando la decisione del Riesame che aveva confermato l'aggravamento della misura cautelare nei suoi confronti con il trasferimento dai domiciliari al carcere. Per i giudici la 51enne, nonostante la misura restrittiva, avrebbe tentato di inquinare le prove a suo carico telefondando ad un ex collega del marito ed alla badante del padre per parlare di questioni processuali.

In una conversazione, intercettata dagli inquirenti, inoltre, D'Albenzio avrebbe tentato di "intervenire ed interferire nell'attività processuale, ad esempio, suggerendo alla figlia di recarsi nell'ufficio del padre per prendere non solo gli effetti personali, ma anche eventuali appunti, oppure discutendo con l'ex collega del marito delle strategie difensive e di suggerimenti da far giungere al marito".

Circostanze che hanno portato i giudici a confermare la "pericolosità ed inaffidabilità dell'indagata, necessitanti di un inasprimento del presidio cautelare". Per questo il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

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