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Cronaca Casal di Principe

I voti del clan, Schiavone: "I candidati a sindaco dovevano proporsi a noi"

Il rampollo di Sandokan svela il sistema elettorale dei Casalesi: "Zara non era gradito, Zagaria lo fece cadere"

"Giovanni Zara non era un sindaco a disposizione del clan e per questo Michele Zagaria lo fece cadere". E' questa la rivelazione dell'ex capoclan, oggi collaboratore di giustizia, Nicola Schiavone che è stato ascoltato nel corso del processo a carico di Michele Zagaria, dell'ex sindaco di Casapesenna Fortunato Zagaria e del consigliere comunale Luigi Amato, accusati di aver minacciato Zara, anche lui sindaco di Casapesenna.

Schiavone jr ha rivelato nuovamente il "sistema elettorale" del clan. "Chi voleva candidarsi a sindaco doveva proporsi a noi - ha spiegato ai giudici - Sia per il centrodestra, di cui era referente Nicola Cosentino, sia per il centrosinistra, di cui per un periodo era referente Nicola Ferraro. Ci proponevano una griglia di nomi da cui noi sceglievamo. Una volta individuati i candidati a sindaco si procedeva con la formazione delle liste".

La caccia al voto per i propri candidati era senza esclusione di colpi: "A Casal di Principe facemmo come si fa nei grandi Comuni acquistando pacchetti di voti presso le famiglie che non riuscivano a mangiare. Dove c'era maggiore disagio economico". Dopo le elezioni "il sindaco eletto veniva da noi chiedendoci come procedere e noi indicavamo gli assessori o i tecnici. In questo modo gestivamo il Comune".

Secondo la versione di Schiavone a Casal di Principe "comandavo io" mentre Casapesenna "era controllata da Michele Zagaria. Come immagine - ha detto ancora il figlio di Sandokan - bisognava garantire la presenza del clan nelle amministrazioni comunali di Casal di Principe, San Cipriano e Casapesenna". 

Proprio nel Comune di Casapesenna venne favorito per la corsa a sindaco Fortunato Zagaria. "Mio fratello Walter era fidanzato con una ragazza la cui mamma era originaria di Casapesenna e furono chiesti i voti per Fortunato Zagaria". E nella campagna elettorale figurava come galoppino anche "Michele Fontana detto 'o Sceriffo". 

Ma non tutte le ciambelle venivano col buco e poteva capitare che venisse eletto un sindaco non gradito al clan come "nel caso di Giovanni Zara o di Renato Natale a Casal di Principe negli anni '90". E la reazione del clan aveva i suoi tempi. "Non potevamo subito andare dai consiglieri a chiedere di dimettersi - ha spiegato ancora Schiavone - Facevamo passare un po' di tempo e con un pretesto lo facevamo cadere politicamente".

Nel caso specifico Schiavone ha parlato di Zara come di "un sindaco che non era gradito al clan, non era a nostra disposizione perché non ci aveva chiesto i voti, non ci aveva chiesto mai nulla". Per questo venne fatto cadere con lo zampino di Michele Zagaria: "Ne parlammo anche con Antonio Iovine e Nicola Panaro - ha aggiunto Schiavone -  Eravamo sicuri che Zagaria fosse intervenuto. Era una prassi, per noi era un agire normale". Ed in qualche caso, quando non riusciva il blitz si passava agli avvertimenti: "A Villa Literno abbiamo fatto trovare una testa di maiale fuori casa di Fabozzi".

Sulla volontà di uccidere Zara da parte di Michele Zagaria, Schiavone sa poco. "Non ne sono a conoscenza - ha concluso - Ma poteva capitare che un capo decidesse omicidi senza avvisare gli altri. Zagaria poteva farlo". 

Il processo è stato aggiornato a metà maggio per la requisitoria del pubblico ministero della Dda Maurizio Giordano. Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Paolo Di FuriaGiuseppe StellatoPaolo Trofino Raffaele Mascia

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