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Via un altro pezzo della centrale del Garigliano | FOTO E VIDEO

L’impianto nucleare di Sessa Aurunca diventato 'modello di riciclo’

La Centrale nucleare del Garigliano nella giornata di martedì 20 novembre ha aperto i suoi varchi per raccontare della nuova vita dei materiali prodotti dallo smantellamento degli impianti nucleari. Un tema che ha fatto storcere il naso a molti sulle possibili conseguenze sull’ambiente in termini territoriali e sanitari. Sogin, la società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, in occasione della X edizione della “Settimana europea peer la riduzione dei rifiuti” ha fatto chiarezza spiegando come le attività di smantellamento degli impianti nucleari vengono progettate e realizzate al fine di consentire anche il recupero ed il riciclo dei materiali prodotti dopo esser stati decontaminati.

L’evento “Economia circolare per il decommisioning nucleare” di cui si è fatta promotrice, è stato aperto dall’amministratore delegato di Sogin, Luca Desiata, che ha evidenziato come le strategie adottate per la riduzione dell’impatto ambientale del decommissioning nucleare si basano su tre strategie: minimizzazione del quantitativo dei rifiuti radioattivi; separazione, riutilizzo e riciclo dei materiali; attuazione delle politiche di miglioramento delle performance ambientali.

Tour della Sogin nella centrale nucleare del Garigliano

“Nella mission di Sogin il decommissioning degli impianti nucleari italiani e la gestione dei rifiuti radioattivi è insito il concetto di economia circolare - ha affermato Desiata - Essa comporta la riduzione dell’impatto ambientale generato dalla presenza dei siti nucleari, riducendo così l’impronta ecologica generata da un’attività umana. Decommissioning è l’ultima fase del ciclo di vita di un impianto nucleare. Tale termine riassume varie operazioni: mantenimento in sicurezza dell’impianto; allontanamento del combustibile nucleare esaurito; decontaminazione e smantellamento delle istallazioni nucleari; gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi in attesa del loro trasferimento al deposito nazionale; caratterizzazione radiologica finale. L’insieme di queste attività ha l’obiettivo di riportare il sito a ‘prato verde’ cioè ad una condizione priva di vincoli radiologici e di restituirlo così alla collettività per il suo utilizzo. Prima di avviare le operazioni più complesse di decommissioning è necessario rimuovere dall’impianto il combustibile esaurito al fine di stoccarlo in sicurezza e trasferirlo per il riprocessamento. Questo permette di separare le materie riutilizzabili dai rifiuti finali e di condizionare quest’ultimi in una forma chimico-fisica che ne garantisca il trasporto e la conservazione in sicurezza nel lungo periodo. La quasi totalità del combustibile esaurito prodotto dall’esercizio delle centrali nucleari non decontaminato viene inviato all’Estero per il suo riprocessamento”.

In merito alla gestione dei rifiuti radioattivi, Desiata ha aggiunto che “in ogni impianto i rifiuti sono caratterizzati, trattati, condizionati e stoccati in depositi temporanei realizzati sul siton di origine in vista del loro trasferimento presso il deposito nazionale. Al termine poi delle operazioni di decommissioning i depositi temporanei vengono smantellati. In collaborazione con Nucleco, altra società dedita alla gestione e raccolta dei rifiuti radioattivi, vengono prelevati e gestiti anche i rifiuti prodotti quotidianamente dalle attività di medicina nucleare e di ricerca scientifica”.

E’ intervenuto poi il responsabile Sogin per la disattivazione della Centrale del Garigliano, Alfonso Maria Esposito, sulla nuova vita dei materiali della turbina rispettando l’ambiente: “Un esempio di approccio sostenibile di cui la Sogin è sostenitrice è il recupero ed il riutilizzo dei materiali prodotti dallo smantellamento del rotore e dell’alternatore della turbina della centrale del Garigliano. I lavori avviati nel 2016 per lo smantellamento della turbina, che è il più grande componente del ciclotermico dell’impianto campano con un peso di circa 1.800 tonnellate, si sono sviluppati in più fasi. Dapprima il rotore, il cilindro di 105 tonnellate composto di ferro e rame è stato estratto e sezionato con il filo diamantato in due parti. Successivamente l’alternatore, composto da ferro, rame e plastica per un peso di 296 tonnellate, una volta effettuata la bonifica dall’amianto presente, è stato tagliato e rimosso. Tutto il materiale prodotto dallo smantellamento del rotore e dell’alternatore, circa 400 tonnellate verrà allontanato dal sito dopo esser stato opportunamente controllato. Il 96% verrà trasferito in centri di recupero e di lavorazione come le fonderie per i metalli, per esser poi reinserito nel ciclo produttivo. La data di chiusura dei lavori è per la fine dell’anno 2020. I locali della turbina poi, una volta liberi ospiteranno la stazione trattamento dei materiali necessaria per procedere all’apertura del vessel ed al suo smantellamento.” Si ha sempre il timore di ciò che non si conosce e spesso nell’immaginario collettivo i rifiuti radioattivi ed i loro annessi destano non pochi timori, ma la Sogin ha cercato di mostrare il grande impegno che c’è dietro la sua impresa. Del resto, dietro ad ogni impresa di successo c’è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa in questo caso proteggendo il presente, garantendo il futuro.

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