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Giovedì, 18 Aprile 2024
Attualità Santa Maria Capua Vetere

Fucci vince il ricorso per l'incarico in Procura

Il Tar accoglie l'istanza del Procuratore di Isernia contro il pm Milita

Scoppia il caso procuratore aggiunto al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il Tar, infatti, ha accolto il ricorso presentato dal pm Carlo Fucci che ha impugnato le motivazioni del Csm con cui è stato conferito l'incarico ad Alessandro Milita

Milita, secondo quanto emerge dalla sentenza della prima sezione del Tribunale Amministrativo del Lazio, è stato nominato Procuratore Aggiunto a Santa Maria nonostante avesse "un’anzianità di servizio minore rispetto ad alcuni dei candidati valutabili per la comparazione, tuttavia possiede un profilo attitudinale sicuramente superiore rispetto a questi ultimi", tra cui proprio Fucci.

Per il Csm, inoltre, non si è rilevato negli altri candidati alla carica "la stessa duttilità e capacità di Milita di affrontare situazioni giurisdizionali differenti con identica competenza e professionalità (il dott.Fucci si è confrontato soltanto con le dinamiche dell’ufficio di Procura di Santa Maria Capua Vetere, a fronte di una molteplicità di materie trattate in uffici differenti dal dott. Milita, sia in Procure diverse, sia con assegnazione alla D.D.A. ed alle sezioni di criminalità ordinaria)".

Per il Csm le competenze di Fucci "non risultano sufficienti a compensare la superiore attitudine organizzativa dimostrata da Milita in uffici di elevata complessità quale quello della D.D.A. di Napoli, non avendo, peraltro, nessuno dei tre candidati comparati svolto funzioni in assegnazione ad una direzione distrettuale antimafia, pur avendone competenza per aver trattato procedimenti di criminalità organizzata". 

Inoltre, proseguendo nelle motivazioni del provvedimento impugnato, "Milita ha svolto un’esperienza di eccezionale livello nelle funzioni requirenti ed estremamente qualificata dal punto di vista delle materie trattate (la criminalità organizzata, il terrorismo), che lo rendono sicuramente competente in modo molto più significativo a lavorare in un ufficio come quello di Santa Maria Capua Vetere, pienamente coinvolto nelle dinamiche criminali del distretto di Napoli e del quale può vantare un’eccellente conoscenza e competenza delle dinamiche criminali specifiche, essendosi egli prevalentemente occupato, nella sua esperienza di componente della D.D.A. di Napoli, proprio della criminalità attiva in provincia di Caserta e del clan dei casalesi, dei quali risulta un esperto di livello assoluto in campo nazionale".

Proprio le motivazioni della decisione assunta dal Csm sono state impugnate da Carlo Fucci con il Tar che si è uniformato ad una sentenza del Consiglio di Stato che ha ribadito come nel "conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi di uffici requirenti la presenza di consorterie mafiose sul territorio" sia "elemento sufficiente per attribuire la preferenza a magistrati con esperienze in direzioni antimafia, si correrebbe il rischio di vanificare il sistema obiettivo di valutazione". In altri termini "si verrebbe a creare una 'corsia preferenziale' di carriera per quei magistrati che hanno svolto funzioni requirenti in determinate sedi giudiziarie".

Di qui la decisione di accogliere il ricorso, almeno nel senso della carenza di motivazione da parte del Csm, mentre sulla scelta, discrezionale del Csm, il Tar non può intervenire. "Non si comprende - scrivono i giudici del Tar - la ragione per cui la pregressa esperienza in Dda possa costituire un elemento di prevalenza, quale indicatore di speciale rilievo, in ragione della “specificità” dell’ufficio messo a concorso, rispetto a quella maturata dal ricorrente presso la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, ossia il medesimo ufficio da ricoprire. In proposito, occorre rammentare che l’Ufficio in questione non è una Procura Distrettuale Antimafia, per cui non ha competenza per le relative fattispecie di reato. In definitiva, l’obliterazione, in sede valutativa, delle attività di natura organizzativa e di esperienze direttive vantate dal ricorrente, unitamente alla incongrua prevalenza attribuita, nel momento comparativo, alla esperienza in Dda del controinteressato, determinano una compromissione dell’impianto motivazionale, non completo nei necessari passaggi logici, atteso che dalla lettura dell’atto non è dato capire se alcuni dati attinenti al curriculum del ricorrente siano stati analiticamente esaminati né per quali ragioni, ove valutati, siano stati ritenuti minusvalenti".

Alla luce di quanto detto il Tar ha accolto il ricorso "quanto meno sotto il profilo dell’esistenza dei presupposti e della congruità della motivazione nonché dell’accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni". Insomma un intervento sulla forma che nella sostanza si traduce in un nulla di fatto.

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